Capitolo 5 (Parte I): L’infiltrazione comunista in Occidente
Indice dei contenuti
Introduzione
1. Comunismo violento e “non-violento”
2. Guerra di spionaggio e disinformazione
3. Dal New Deal al Progressismo
4. La Rivoluzione culturale in Occidente
5. La manipolazione del pacifismo e dei movimenti per i diritti civili
Note bibliografiche
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Introduzione
Il clima in cui si sono svolte le elezioni presidenziali americane del 2016 è stato tra i più drammatici degli ultimi decenni: nonostante abbiano votato solo il 58 per cento degli elettori, la campagna elettorale è stata densa di improvvisi e sorprendenti capovolgimenti, che sono proseguiti anche dopo la fine delle elezioni.
Il vincitore, il candidato repubblicano Donald J. Trump, si è ritrovato assediato tra l’avversione della stampa e le numerose proteste in varie città della nazione. I manifestanti utilizzavano slogan quali “non è il mio presidente” e accusavano Trump di razzismo, sessismo, xenofobia o di essere un nazista. Contro il neo presidente, sono state avanzate richieste di riconteggio dei voti e minacce di messa in stato d’accusa (il cosiddetto impeachment).
Le indagini giornalistiche hanno rivelato come numerose di queste proteste fossero istigate da specifici gruppi di interesse. Nel documentario America under siege: civil war 2017, [America sotto assedio, la guerra civile del 2017] diretto dal ricercatore Trevor Loudon, viene esposto come una parte significativa dei manifestanti anti Trump fossero “rivoluzionari professionisti”, legati a regimi comunisti e ad altri Stati autoritari, come Corea del Nord, Iran, Venezuela e Cuba.
Il lavoro di Loudon ha inoltre messo in luce il ruolo di due importanti organizzazioni socialiste americane: il Partito Stalinista Mondiale dei Lavoratori e l’Organizzazione Maoista Socialista della Via della Libertà[1].
Trevor Loudon studia il movimento comunista sin dagli anni ’80, ed è stato in grado di determinare come le organizzazioni di sinistra abbiano scelto gli Stati Uniti quale obiettivo principale per le proprie operazioni di infiltrazione e sovversione. La politica, l’istruzione, i mezzi di comunicazione e il mondo degli affari degli Stati Uniti d’America si sono infatti sempre più spostati a sinistra, a causa dell’influenza esercitata da determinati individui ben posizionati in tali settori. Persino alla fine della Guerra fredda, quando nel mondo libero si festeggiava il trionfo (apparente) sul Comunismo, quest’ultimo continuava silenziosamente ad acquisire il controllo sulle istituzioni pubbliche delle nazioni occidentali, in preparazione di un conflitto finale.
Gli Stati Uniti d’America hanno oggettivamente un ruolo cruciale nella Storia dell’Umanità. Rappresentano la luce del mondo libero, hanno una missione di origine divina: garantire la sicurezza in tutto il pianeta. È stato infatti l’intervento degli Stati Uniti a determinare i risultati finali delle guerre mondiali; durante la Guerra fredda, di fronte alla minaccia dell’olocausto nucleare, gli USA sono riusciti a contenere efficacemente il blocco sovietico fino alla auto-disintegrazione dei regimi comunisti dell’Europa dell’Est.
I Padri fondatori degli Stati Uniti d’America hanno utilizzato le conoscenze acquisite dalle tradizioni religiose e filosofiche occidentali per redigere la Dichiarazione d’indipendenza (ratificata il 4 luglio 1776) e la Costituzione degli Stati Uniti (entrata in vigore il 1789). Questi documenti riconoscono i diritti concessi da Dio agli uomini come innegabili — a partire dalla libertà di credo e di parola — e stabiliscono la separazione dei poteri, al fine di garantire il corretto funzionamento del sistema di governo di tipo repubblicano.
La guerra civile combattuta negli Gli Stati Uniti tra il 1861 e il 1865 è servita per tradurre in pratica i principi fondanti del Paese, mettendo fine all’istituzione della schiavitù. In oltre due secoli di Storia, questi principi si sono dimostrati il mezzo di maggiore efficacia nella promozione della “pace interna” e del “benessere generale”, come promette la Costituzione americana nel suo preambolo.
La libertà presente nell’emisfero occidentale è tuttavia in diretto contrasto con l’obiettivo dello Spettro malvagio del Comunismo: ridurre in schiavitù l’Umanità e poi distruggerla. Camuffandosi dietro la meravigliosa visione di una società collettiva ed egualitaria, lo Spettro del Comunismo ha collocato i propri emissari ovunque nel mondo, per realizzare la sua strategia.Nei Paesi orientali come la Russia e la Cina, il Comunismo si è manifestato tramite regimi totalitari, massacri di massa e distruzione della cultura tradizionale.
In Occidente, invece, ha silenziosamente e laboriosamente preso potere nel corso oltre di un secolo, servendosi di strumenti quali eversione e disinformazione. Ancora oggi, corrode i sistemi economici e politici, così come le strutture sociali e il tessuto morale della società umana, spingendola alla degenerazione e alla distruzione. Tuttavia, non avendo potere diretto sui governi occidentali, gli emissari dello Spettro si nascondono, più o meno intenzionalmente, infiltrandosi in un’ampia varietà di organizzazioni e istituzioni.
I principali fattori che hanno guidato la sovversione comunista in occidente:
- Il primo è l’Unione Sovietica stessa. Ha fondato la Terza Internazionale Comunista (Comintern) per estendere la Rivoluzione in tutto il mondo. A partire dagli anni ’80, il Partito Comunista Cinese ha riformato l’intera struttura economica (che era ormai ad un passo al disastro) stabilendo anche scambi politici e rapporti economici e culturali internazionali, creandosi così l’opportunità di infiltrarsi in Occidente.
- Il secondo fattore di sovversione è stato messo in atto dai partiti comunisti locali, che hanno collaborato con il Partito Comunista dell’Unione Sovietica e il Comintern.
- Il terzo fattore si può ritrovare nelle crisi economiche e nelle sfide sociali sociali che negli ultimi decenni hanno spinto i governi occidentali ad adottare politiche di stampo socialista, portando a “virare a sinistra” rispetto alle politiche attuate dalle diverse classi dirigenti, al potere a partire dal Secondo dopoguerra;
- Il quarto fattore di sovversione è da ritrovarsi nei simpatizzanti e sostenitori del Comunismo e del Socialismo. Queste persone servono l’ideologia comunista all’interno delle diverse società occidentali. Proprio come una quinta colonna, di inconsapevoli “utili idioti”, aiutano a distruggerne la cultura, indeboliscono la legittimità dei governi e a diffondono falsi “ideali” e principi, che portano alla degenerazione morale.
Fornire un resoconto completo dell’infiltrazione comunista in Occidente – vista la natura ambigua e contorta del fenomeno – va ben al di là della portata di questo libro. Tuttavia, analizzando gli elementi essenziali, il lettore potrà sviluppare una propria idea del modo in cui lo Spettro malvagio del Comunismo operi, riuscendo quindi a identificare in prima persona i vari intrecci posti in essere per completare la trama.
Questo capitolo, per motivi di brevità, offre quindi un sunto generale delle attività comuniste negli Stati Uniti d’America e nell’Europa Occidentale.
1. Comunismo violento e “non-violento”
Nell’immaginario popolare il Comunismo è sinonimo di violenza e non a torto: nel Manifesto del partito comunista, Marx ed Engels sostengono che: «I comunisti disdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Dichiarano apertamente che i loro fini possono essere raggiunti soltanto col rovesciamento violento di tutto l’ordinamento sociale finora esistente»[2].
Le rivoluzioni violente come mezzo per prendere il potere, e le brutalità attuate per reprimere il dissenso in Paesi comunisti come Russia e Cina, hanno distolto l’attenzione dalle forme meno appariscenti di Comunismo diffuse in Occidente.
L’ala marxista che sostiene la rivoluzione violenta è il Leninismo, che ha sensibilmente modificato la teoria marxista in due aspetti. Il primo: per Marx la rivoluzione comunista sarebbe iniziata nei Paesi capitalisti avanzati, mentre Lenin riteneva che il Socialismo avrebbe potuto prendere piede in Russia, un Paese relativamente meno avanzato dal punto di vista economico. Il secondo: Lenin contribuì al Marxismo con la sua dottrina della “costruzione del partito”, ossia nell’utilizzare tecniche di coercizione, inganno e violenza tipiche delle organizzazioni criminali, dando ad esse un’anima marxista.
Lenin riteneva la classe lavoratrice incapace di sviluppare una propria coscienza di classe e di chiedere di propria iniziativa la rivoluzione; era quindi necessaria una spinta all’azione da parte di forze esterne. Servivano “agenti” al servizio della rivoluzione, individui da organizzare in “un’avanguardia proletaria” altamente disciplinata, ossia il partito comunista stesso.
La Società Fabiana britannica, fondata nel 1884 (un anno dopo la morte di Marx), ha invece intrapreso un percorso diverso, per imporre il Socialismo. L’emblema di questa organizzazione socialista mostra, in modo molto eloquente, un lupo travestito da agnello, e il nome della società fa riferimento a Quinto Fabio Massimo Verrucoso, un generale romano noto per le sue tattiche militari volte a snervare l’avversario e per questo soprannominato il Temporeggiatore.
In una nota sulla copertina del Fabian Review, il primo opuscolo prodotto dall’organizzazione, si legge infatti: «Per il momento è necessario attendere, avere molta pazienza, come Fabio quando combatteva contro Annibale, anche se molti criticavano il suo ritardo; ma quando arriva il momento bisogna colpire duro, come fece Fabio, o la vostra attesa sarà vana e infruttuosa.»[3].
Per arrivare gradualmente al Socialismo, la Società Fabiana ha inventato il metodo della “permeazione”, che consiste nell’approfittare delle aperture nella politica, nell’economia e nella società civile. Questa organizzazione non restringe le attività solo ai suoi membri; al contrario li incoraggia a portare avanti gli obiettivi del Socialismo unendosi ad altre organizzazioni e ingraziandosi personaggi importanti, come ministri, alti dirigenti dello Stato, grandi industriali, rettori universitari o alti sacerdoti.
Sidney Webb, presidente della Società Fabiana, ha scritto: «Come associazione, abbiamo incoraggiato l’adesione di uomini e donne di qualsiasi religione, ma anche di quelli senza religione, insistendo con forza sul fatto che il Socialismo non corrisponde al secolarismo e che il vero obiettivo e scopo di tutte le azioni collettive ragionevoli sia lo sviluppo dell’anima individuale, o della coscienza, o del carattere […] Né abbiamo limitato la nostra propaganda al Partito Laburista che sta lentamente emergendo, o a coloro i quali siano pronti a chiamarsi socialisti, o agli operai o a una qualsiasi classe. Mostriamo una ad una le nostre proposte, nel modo più persuasivo possibile, a chi vuole ascoltarle: ai conservatori, ogniqualvolta possiamo ottenere il loro appoggio, a chiese di tutti i tipi, alle università, ai liberali ed ai radicali, assieme alle altre associazioni socialiste in ogni momento. Abbiamo chiamato tutto questo “permeazione”, è stata una scoperta importante»[4].
Numerosi membri della Società Fabiana erano giovani intellettuali che tenevano discorsi e pubblicavano il loro pensiero su libri, riviste e opuscoli. Nel XX secolo, l’organizzazione è entrata in politica: Sidney Webb è diventato il rappresentante della Società nel Comitato di Rappresentanza del Lavoro, all’interno del Partito Laburista.
Dall’interno del Partito Laburista, Webb ha potuto scrivere la costituzione ed il programma della forza politica stessa, e ha cercato di rendere il Socialismo fabiano l’ideologia guida del partito. La Società Fabiana ha successivamente ottenuto una certa fama negli Stati Uniti: in numerose università, soprattutto quelle di arti liberali, esistono infatti dei gruppi legati ad essa.
Che si tratti del Comunismo violento di Lenin o di quello “nonviolento” della Società Fabiana, entrambi sono manipolati dallo Spettro malvagio del Comunismo e hanno lo stesso fine. Anche il Comunismo propagato da Lenin, peraltro, non rigettava i metodi nonviolenti: nel libro L’estremismo, malattia infantile del Comunismo, Lenin criticava i partiti comunisti dell’Europa dell’Est che si erano rifiutati di cooperare con quelli che definiva sindacati “reazionari”, e che avevano rifiutato di unirsi al parlamento nazionale “capitalista”.
Nel libro Lenin scrive: «L’arte dell’uomo politico (e la giusta concezione del proprio compito da parte di un comunista) consiste appunto nel valutare correttamente le condizioni e il momento in cui l’avanguardia del proletariato può, con buon successo, prendere il potere; in cui essa può ottenere, per la presa del potere e dopo la presa del potere, un sufficiente appoggio di strati abbastanza vasti della classe operaia e delle masse lavoratrici non proletarie; in cui, dopo di ciò, essa riuscirà a mantenere il proprio dominio, a rafforzarlo, ad estenderlo per mezzo dell’educazione, dell’istruzione, della conquista di masse sempre più numerose di lavoratori»[5].
Lenin ha sottolineato, più e più volte, che i comunisti devono nascondere i loro veri obiettivi, e che per ottenere il potere nessuna promessa e nessun compromesso è da escludere. In altre parole, i comunisti devono essere privi di scrupoli, pur di arrivare al risultato prefissato. Nella conquista del potere, infatti, sia i bolscevichi russi che il Partito Comunista Cinese (PCC) hanno fatto uso di violenze e inganni senza remore.
La brutalità dei regimi comunisti sovietico e cinese ha sviato l’attenzione dal Comunismo nonviolento in Occidente. Bernard Shaw, un drammaturgo irlandese che è stato anche rappresentante della Società Fabiana britannica, ha scritto: «Ho anche reso alquanto chiaro che il Socialismo significa uguaglianza nel reddito e nient’altro, e che sotto il Socialismo non è ammesso essere poveri. Si viene alimentati, abbigliati, alloggiati, istruiti e impiegati forzatamente, che lo si voglia o no. Quando viene scoperto qualcuno senza il necessario valore da giustificare tutti questi sforzi, questa persona potrebbe anche venire giustiziata, in modo gentile»[6]
La Società Fabiana, specialista nell’inganno, aveva scelto un letterato come Bernard Shaw per nascondere dietro delle belle parole i veri obiettivi del Socialismo nonviolento. Ma la brutalità si trova appena sotto la superficie: i partiti comunisti occidentali e le varie organizzazioni ad essi legate, incitano i giovani a creare un’atmosfera di caos e si rendono complici di reati violenti come aggressioni, atti di vandalismo, rapine, incendi, attentati dinamitardi e assassinii contro i propri nemici.
2. Guerra di spionaggio e disinformazione
Secondo l’ideologia comunista, la nazione è un costrutto oppressivo, frutto di una società classista. Il concetto stesso di nazionalità è quindi da abolire.
Nel Manifesto del partito comunista, Marx ed Engels proclamano che: «Gli operai non hanno patria» e concludono il trattata con la celebre frase: «Proletari di tutti i Paesi, unitevi!».
Sotto la guida di Lenin, i bolscevichi fondarono la prima nazione socialista della Storia e crearono l’Internazionale Comunista (Comintern) perché fomentasse la rivoluzione socialista in tutto il mondo.
L’obiettivo dell’Unione Sovietica e del Comintern era di rovesciare i governi legittimi di ogni nazione sulla Terra, allo scopo di stabilire una dittatura mondiale del proletariato. Nel 1921, il ramo del Comintern dedicato all’Estremo Oriente istituì il Partito Comunista Cinese, che nel 1949 avrebbe preso il potere in Cina.
Oltre al PCC, i partiti comunisti di tutto il mondo richiesero di essere governati dal Comintern, accettando da esso denaro e ricevendo addestramento per i propri uomini: con a disposizione le risorse di un vasto impero, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica ha potuto reclutare attivisti in ogni angolo del mondo, addestrandoli a portare avanti operazioni di tipo sovversivo nei rispettivi Paesi.
Fondato nel 1919, il Partito Comunista USA (CPUSA) era tra le organizzazioni create e dirette dal Comintern e dal PCUS. Il CPUSA non è mai divenuto una forza politica importante ma la sua influenza negli Stati Uniti è stata comunque significativa; ha collaborato con attivisti e altre organizzazioni allo scopo di infiltrarsi nei movimenti dei lavoratori e degli studenti, nella chiesa e nel governo.
Fred Schwartz, pioniere del pensiero anti-comunista americano, nel 1961 osservava con acume: «Qualsiasi tentativo di giudicare l’influenza dei comunisti dal loro numero equivale a cercare di determinare la validità di un buco in una barca dal rapporto tra l’area bucata e l’area integra: basta un buco ad affondare una nave. Il Comunismo è una teoria che porta poche persone disciplinate a controllare e dirigere tutte le altre. Una sola persona, in una posizione importante, può controllare e manipolare migliaia di persone»[7]
È ormai noto che durante la Seconda guerra mondiale, gli agenti sovietici si fossero infiltrati all’interno delle istituzioni statunitensi. Nonostante gli sforzi del senatore Joseph McCarthy nel combattere il Comunismo negli anni ‘50, queste verità storiche vengono tuttora nascoste al pubblico a causa dell’azione congiunta di politici, intellettuali e mezzi di informazione di sinistra.
Negli anni ’90 del XX secolo, il governo statunitense ha declassificato i cosiddetti “Venona Files”. Si tratta di alcuni documenti (decodificati dall’intelligence statunitense negli anni ’40) che dimostrano come almeno 300 spie sovietiche lavorassero all’interno delle istituzioni americane.Tra di loro alcuni erano alti funzionari dell’amministrazione Roosevelt, con accesso diretto a informazioni top secret, mentre altri agenti operavano dall’esterno, servendosi delle proprie posizioni di potere per influenzare la politica e le attività di governo.
Tra i personaggi di rilievo che è stato dimostrato fossero spie sovietiche in seno al governo statunitense: il funzionario del Tesoro Harry Dexter White, il funzionario del Dipartimento di Stato Alger Hiss e la coppia di coniugi Julius ed Ethel Rosenberg, condannati alla sedia elettrica per aver trasmesso segreti militari e tecnologie sull’energia atomica all’Unione Sovietica.
Le comunicazioni intercettate e decifrate dal Venona Project, tuttavia, sono solo la punta dell’iceberg, al punto che l’intera portata dell’infiltrazione sovietica nel governo americano rimane tuttora sconosciuta. Il motivo è semplice: grazie alle elevate posizioni raggiunte, diversi agenti sovietici hanno avuto l’opportunità di influenzare importanti decisioni politiche.
Alger Hiss, spia sovietica infilitrata nel Dipartimento di Stato, ad esempio, giocò un ruolo di importanza cruciale in qualità di consigliere del presidente Franklin Delano Roosevelt durante la Conferenza di Yalta. La conferenza si tenne alla fine della Seconda guerra mondiale fra il presidente americano, il primo ministro britannico Winston Churchill ed il dittatore sovietico Iosif Stalin. Questo agente sovietico, di fatto ha svolto un ruolo determinante nel tracciamento dei confini territoriali dopo la guerra, nel redigere lo Statuto delle Nazioni Unite, nelle decisioni relative agli scambi dei prigionieri e in numerose altre decisioni di questo genere.
Harry Dexter White, assistente del ministro del Tesoro Henry Morgenthau Jr. (in carica durante il New Deal di Roosevelt dal 1934 al 1945), contribuì all’importantissimo accordo finanziario internazionale di Bretton Woods e fu uno dei principali artefici della creazione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. White in precedenza anche aveva incoraggiato il Partito Nazionalista Cinese (Kuomintang) a posizionare Yi Zhaoding, un membro del PCC sotto copertura, all’interno del Ministero delle Finanze cinese. Dopo aver assunto questa posizione nel 1941, Yi fu l’artefice delle disastrose riforme monetarie che danneggiarono la reputazione del Kuomintang e favorirono l’ascesa al potere del PCC.
Alcuni storici sostengono inoltre che l’influenza delle spie sovietiche e dei loro simpatizzanti di sinistra abbia portato gli Stati Uniti a bloccare gli aiuti al Kuomintang, durante la guerra civile cinese seguita al secondo conflitto mondiale, in conseguenza della quale la Cina è finita sotto il controllo del partito comunista.
Alcuni studiosi, come M. Stanton Evans, sostengono che le spie sovietiche siano state particolarmente abili nell’influenzare le decisioni politiche. Whittaker Chambers, un informatore sovietico legato al Partito Comunista americano (CPUSA), che in seguito ha defezionato e testimoniato contro altre spie, ha infatti affermato: «Gli agenti di un potere nemico erano in una posizione in cui potevano fare molto più che trafugare documenti. Erano in una posizione tale da poter influenzare la politica estera della nazione, nell’interesse del principale nemico della nazione, e non solo in casi eccezionali […] ma in quella che dev’essere stata la somma totale delle decisioni prese quotidianamente»[9].
Yuri Bezmenov è stato un informatore del KGB che ha disertato in Occidente; ha vissuto in Canada a partire dagli anni ‘70 ed è ricordato per aver esposto le tecniche di sovversione sovietiche in vari scritti e interviste. Secondo Bezmenov, le spie in stile James Bond che fanno saltare in aria ponti o che si intrufolano di nascosto in negli uffici per mettere le mani su documenti segreti, sono sì personaggi della cultura popolare, ma non potrebbero essere più lontani dalla realtà delle attività di spionaggio: solo il 10 – 15 per cento del personale e delle risorse del KGB erano destinate alle operazioni di spionaggio “tradizionale”, il resto era dedicato alle operazioni sovversione ideologica.
Secondo Bezmenov, la sovversione avviene in quattro fasi: la prima consiste nell’alimentare la decadenza culturale e nell’abbassare gli standard morali del Paese nemico; la seconda nel provocare il caos sociale; la terza nell’istigare una crisi che possa portare a una guerra civile, a una rivoluzione o a un’invasione dall’esterno; nella quarta e ultima fase, la nazione si ritrova sotto il controllo del locale partito comunista. Questo processo è definito “normalizzazione”.
Bezmenov, noto anche col nome di Thomas Schumann, ha anche indicato i tre campi d’azione in cui vengono poste in essere le attività sovversive: il pensiero, il potere e la vita sociale. Il pensiero comprende la religione, l’istruzione, la stampa e la cultura. Il potere copre il governo, la magistratura, la polizia, le forze armate e la diplomazia. La vita sociale, infine, racchiude la famiglia e la comunità, la salute ed i rapporti tra persone di diverse etnie e classi sociali.
A titolo di esempio, Bezmenov ha spiegato come il concetto di “uguaglianza” venisse manipolato dai sovietici per creare il caos. Per prima cosa gli agenti infiltrati promuovono nei modi più diversi la causa egualitaria, facendo sì che il cittadino inizi a provare insoddisfazione per la propria situazione “politica” ed economica; a seguire appaiono le proteste di piazza. L’arrivo di un periodo di stagnazione (o una crisi) economica, rende ancora più difficili la situazione economica personale e inaspriscono le relazioni lavorative. portando, come ulteriore conseguenza, ad una spirale di crescente destabilizzazione; il tutto dovrebbe poi sfociare in una rivoluzione, o in un’invasione da parte delle forze comuniste[10].
Ion Mihai Pacepa è il più alto ufficiale in grado che abbia mai disertato dall’ex blocco sovietico, rifugiandosi negli Stati Uniti nel 1978, dopo aver abbandonato la Romania del dittatore comunista Nicolae Ceaușescu. Pacepa all’epoca aveva tre ruoli: consulente di Ceaușescu, capo dei servizi segreti e ministro dell’Interno. Grazie alle sua informazioni ha fornito un prezioso contributo nella comprensione delle strategie di guerra psicologica e disinformazione utilizzate dai regimi dell’Europa Orientale contro l’Occidente.
Pacepa ha rivelato che lo scopo della disinformazione sovietica è quello di alterare il quadro di riferimento che le persone utilizzano per comprendere la realtà che hanno attorno: mediante la manipolazione dei valori ideologici, l’individuo viene infatti reso incapace di comprendere e quindi di accettare le verità, anche in presenza di prove incontrovertibili[11].
Quanto al tempo necessario perché queste strategie portino dei risultati, Bezmenov ritiene che il primo passo della sovversione ideologica (decadenza culturale e demoralizzazione del Paese nemico) possa richiedere normalmente dai 15 ai 20 anni, ossia il tempo necessario a formare una nuova generazione; il secondo stadio dai due ai cinque anni; il terzo dai tre ai sei mesi. In un discorso tenuto nel 1984, Bezmenov ha dichiarato che il primo stadio è stato raggiunto ancor meglio di quanto le autorità sovietiche si aspettassero originariamente.
Come è potuto accadere che la propaganda sovietica abbia avuto successo nei Paesi occidentali?
Dalle testimonianze di numerose altre spie sovietiche fuggite in Occidente e dalle informazioni ricavate da documenti declassificati provenienti dalla Guerra fredda, si deduce che le tattiche di infiltrazione siano state la forza principale dietro il movimento di Controcultura degli anni ’60.
Nel 1950, il senatore americano Joseph McCarthy aveva effettivamente iniziato a rivelare l’estensione dell’infiltrazione comunista nel governo e nella società statunitense. Tuttavia, quattro anni dopo, il Senato americano sfiduciò McCarthy, fermando il tentativo di liberazione del governo dall’influenza comunista (il “maccartismo” divenne così sinonimo di in tutto l’Occidente di “caccia alle streghe”). Questa è una delle ragioni principali del declino degli Stati Uniti.
La minaccia dell’infiltrazione comunista non è diminuita nemmeno dopo il collasso dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra fredda. Non a caso, Joseph McCarthy è stato demonizzato da politici e mezzi di comunicazione di sinistra per decenni; oggi il maccartismo viene considerato sinonimo di persecuzione politica. È una delle prove della vittoria della sinistra nel conflitto ideologico contro gli autentici valori della società occidentale.
I decenni di occultamento della verità e di diffamazione contro le personalità anticomunisti, come il senatore McCarthy, indicano una tendenza generale: l’anti-americanismo, nella sua accezione più ampia, è una componente naturale della Sinistra internazionale che, di contro, lotta con le unghie e con i denti per affermare deviazioni come l’adulterio, l’aborto, l’illegalità (nonostante, in apparenza, faccia il contrario) e l’anarchia.
3. Dal New Deal al Progressismo
Giovedì 24 ottobre 1929 la Borsa di New York crollò: la crisi si diffuse dal settore finanziario a tutta l’economia senza risparmiare nessuna delle nazioni sviluppate occidentali. La disoccupazione colpì più di un quarto della popolazione, il numero complessivo di disoccupati superò i 30 milioni. Con l’eccezione dell’Unione Sovietica, i principali Paesi industrializzati subirono un crollo medio del 27 per cento delle rispettive produzioni industriali[12]
All’inizio del 1933, nel corso dei primi 100 giorni della presidenza Roosevelt, furono presentate numerose proposte di legge mirate a risolvere la crisi, incrementando gli interventi del governo nell’economia. In quel periodo, negli Stati Uniti furono varate diverse riforme, come l’Emergency Banking Act [rivolta a proteggere le banche principali dal fallimento delle banche più piccole; NdT] , l’Agricultural Adjustment Act [per sostenere gli agricoltori tramite sovvenzioni dirette e il controllo dei prezzi di vendita; NdT ], il National Industrial Recovery Act [tra i principali ambiti di applicazione la realizzazione di grandi opere pubbliche per favorire l’impiego, norme sulla concorrenza tra imprese e la protezione dei sindacati; NdT] e il Social Security Act [per fornire contributi diretti in caso di infortunio, vecchiaia o disoccupazione NdT ]
Nonostante il “Nuovo Corso” di Roosevelt si sia sostanzialmente fermato con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, molte delle istituzioni e delle organizzazioni create nel New Deal rimasero, continuando a condizionare la società americana fino ad oggi.
Franklin Delano Roosevelt ha emanato più ordini esecutivi di ogni altro presidente americano del XX secolo ma il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti non scese sotto il 10 per cento fino all’inizio della guerra. Il vero effetto del New Deal fu, piuttosto, quello di instaurare negli Stati Uniti un regime fiscale tendenzialmente oppressivo, di dare inizio alla massiccia pervasività dello Stato nella vita pubblica e di dare inizio all’interventismo economico.
Nel saggio The Big Lie: Exposing the Nazi Roots of the American Left [La Grande bugia: le radici naziste della Sinistra americana], pubblicato nel 2017, l’intellettuale conservatore Dinesh D’Souza ritiene che il National Recovery Act vada visto come il fulcro del New Deal di Roosevelt e la fine del libero mercato negli Stati Uniti[13].
Un altro libro al riguardo è FDR’s Folly How Roosevelt and His New Deal Prolonged the Great Depression [La follia di Franklin Delano Roosevelt: come il suo New deal ha prolungato la Grande depressione]. Pubblicato nel 2003, dallo storico Jim Powell, secondo l’autore il New Deal avrebbe prolungato la Grande depressione anziché metterle fine; il Social Security Act e le norme sull’occupazione, ad esempio, incoraggiarono la disoccupazione, mentre le tasse elevate misero in difficoltà le imprese che riuscivano a operare in modo sano[14].
L’economista e premio Nobel Milton Friedman ha elogiato lo studio di Powell, affermando: «Come Powell dimostra senza lasciare spazio a dubbi, il New Deal ha ostacolato la ripresa dalla contrazione, ha prolungato ed aggravato la disoccupazione e ha preparato il terreno per un governo ancora più intrusivo e costoso [da mantenere]»[15].
Lyndon B. Johnson, il presidente degli Stati Uniti, succeduto nel 1963 a John F. Kennedy in seguito all’assassinio di quest’ultimo, dichiarò una “guerra alla povertà” durante il discorso sullo stato dell’Unione nel 1964. Lanciando una serie di interventi denominati “Great Society”, in un breve periodo di tempo, Johnson emanò una serie di ordini esecutivi, creò nuovi enti governativi, rinforzò lo Stato sociale, incrementò le tasse e espanse notevolmente il potere del governo.
È interessante osservare le somiglianze tra le misure prese dell’amministrazione Johnson ed il libro A New Program of the American Communist Party’s New Agenda, [Un nuovo programma nella nuova agenda del Partito Comunista Americano]pubblicato nel 1966. Gus Hall, segretario generale del Partito Comunista degli Stati Uniti per oltre 40 anni, affermò: «La posizione dei comunisti verso la Great Society può essere riassunta nel vecchio detto secondo cui “due uomini che dormono sotto lo stesso tetto possono avere sogni diversi”. Noi comunisti sosteniamo tutte le misure della Great Society perchè sogniamo il socialismo». Lo “stesso tetto” cui Hall si riferisce sono evidentemente le politiche presenti nella Great Society[16].
Il CPUSA sostenne l’iniziativa Great Society allo scopo di introdurre gradualmente il socialismo negli Stati Uniti, mentre l’intento dell’amministrazione Johnson era di migliorare la situazione del Paese nell’ambito di un sistema democratico.
Le conseguenze più gravi della Great Society e della cosiddetta guerra alla povertà furono tre: l’aumento della dipendenza dal welfare, la disincentivazione delle persone al lavoro e il danneggiamento della struttura familiare mediante nuove politiche sociali che favorirono i nuclei familiari con un solo genitore, incoraggiando di fatto i divorzi e la procreazione al di fuori del matrimonio.
Secondo le statistiche ufficiali negli USA i bambini nati al di fuori del matrimonio nel 1940 erano il 3,8 per cento; nel 1965 erano il 7,7 per cento e nel 1990, 25 anni dopo la riforma della Great Society, erano il 28 per cento. Nel 2012 erano il 40 per cento[17].
La disintegrazione della famiglia ha portato negli Stati Uniti una serie di conseguenze negative, come l’aumento della spesa pubblica, la crescita del tasso di criminalità ed il declino dell’educazione familiare; a tutto questo, sono da aggiungere il fenomeno delle famiglie afflitte per generazioni da povertà cronica, insieme al radicarsi di una mentalità fondata esclusivamente sul pretendere l’altrui rispetto dei propri diritti, curandosi poco o nulla dei propri doveri verso il prossimo e verso la società nel suo insieme, il che ha causato un aumento del tasso di “disoccupazione volontaria”.
La seguente citazione è attribuita allo storico e giurista scozzese Lord Alexander Fraser Tytler: «Una democrazia non può esistere come una forma permanente di governo. Può esistere solo fino a quando gli elettori non scoprono che possono votare per prendersi il Tesoro pubblico. Da quel momento in poi, la maggioranza vota sempre per il candidato che promette i maggiori benefici derivanti dal Tesoro pubblico, con il risultato che il sistema democratica collassa sempre a causa di una politica fiscale dissennata, a cui fa seguito una dittatura»[18].
Secondo un antico detto cinese, «Passare dalla parsimonia allo sfarzo è facile, ma fare il contrario è difficile». Per i cittadini che hanno sviluppato “dipendenza” dai sussidi pubblici, dai beni e dai servizi forniti dallo Stato, diventa impossibile per il governo ridurre la portata di questi benefici. Il cosiddetto “welfare state” occidentale è diventato un pantano dal quale i politici non hanno idea come poterne uscire.
Negli Stati Uniti, a partire dagli anni ’70, l’estrema sinistra ha abbandonato gli slogan rivoluzionari che facevano accapponare la pelle e mantenere alta la guardia agli americani, rimpiazzandoli con termini che suonano più neutrali, come “Liberalismo e “Progressismo”. Chiunque abbia vissuto in un Paese comunista sa bene cosa sia il progressismo: i partiti comunisti usano da sempre il termine “progresso” come sinonimo di “comunismo”; l’espressione “movimento progressista” si riferisce al movimento comunista, mentre gli “intellettuali progressisti” altro non sono che sostenitori del Comunismo o iscritti al Partito Comunista sotto mentite spoglie.
Quanto al Liberalismo (da non confondere col “liberismo” economico), nella sostanza esso non è diverso dal Progressismo, dato che porta con sé le stesse conseguenze: alte tasse; ipertrofico Stato sociale; pervasività della presenza del governo; rifiuto della religione, della morale e della tradizione; impiego della cosiddetta “giustizia sociale” come arma politica; il “politicamente corretto”; militanza femminista e promozione dell’omosessualità e delle più diverse perversioni sessuali.
Naturalmente, non si intende qui giudicare alcun individuo o personaggio politico in particolare: analisi e giudizi effettivamente corretti sono operazioni di estrema difficoltà, considerato il contemporaneo quadro storico. D’altra parte, è del tutto evidente il modo un cui lo Spettro del Comunismo stia operando, sia in Oriente che in Occidente, a partire dall’inizio del XX secolo. Da quando cioè la rivoluzione violenta ebbe successo in Russia e l’influenza del Comunismo iniziò a diffondersi sempre di più nei governi e nelle società occidentale, trasformandole in chiave socialista.
4. La Rivoluzione culturale in Occidente
Gli anni ‘60 rappresentano un momento assolutamente cruciale della Storia moderna: un imponente movimento di portata globale di cosiddetta “controcultura” come mai era accaduto in nessuna delle epoche del passato. Diversamente dalla Grande rivoluzione culturale comunista inflitta dai maoisti al popolo cinese, per certi versi il movimento della Controcultura occidentale sembrava avere distinti obiettivi, per altri sembrava non averne alcuno.
Negli anni tra il 1960 e il 1970, i partecipanti a questo movimento, per lo più giovani, si dimostravano motivati dalle più diverse intenzioni: alcuni si opponevano alla guerra del Vietnam, altri si battevano per i diritti civili, alcuni sostenevano il femminismo e si lanciavano contro il patriarcato, altri ancora lottavano per i diritti degli omosessuali.
Nel complesso, si trattava di un impressionante e abbagliante insieme di gruppi e movimenti, uniti da un comune denominatore: scagliarsi contro tutte le tradizioni e contro ogni genere di autorità; ergersi a strenui sostenitori della libertà sessuale, dell’edonismo, dell’uso di sostanze stupefacenti e della musica rock.
Obiettivo di questa versione occidentale della Grande rivoluzione culturale era la distruzione della civiltà, fondata sui valori cristiani retti e la sua cultura tradizionale. Benché in apparenza disordinato e caotico, questo cambio di direzione culturale avvenuto a livello internazionale, ha avuto origine dal Comunismo.
Non a caso, infatti, i seguaci del movimento della Controcultura avevano elevato ad oggetto della propria idolatria le “Tre M”: Marx, Marcuse e Mao Zedong.
Herbert Marcuse era stato un elemento chiave della Scuola di Francoforte, un gruppo di intellettuali marxisti riunitisi nel 1923 all’Istituto per le ricerche sociali dell’Università Goethe di Francoforte. I fondatori della Scuola di Francoforte basavano il proprio pensiero sul concetto di “teoria critica” per attaccare la civiltà occidentale ed applicare il marxismo nell’ambito della cultura[19].
Uno dei fondatori della Scuola era il marxista ungherese György Lukács, che nel 1919 si era chiesto: «Chi può salvarci dalla civiltà occidentale?»[20] Partendo da questo quesito, Lukács sviluppò una teoria secondo la quale l’Occidente si era macchiato di genocidi contro ogni civiltà e cultura che aveva incontrato. Nella visione di Lukács, l’America e la civiltà occidentale erano le più grandi sorgenti di razzismo, sessismo, nativismo, xenofobia, antisemitismo, fascismo e narcisismo.
Nel 1935, i marxisti della Scuola di Francoforte si spostarono negli Stati Uniti, affiliandosi alla prestigiosa Columbia University di New York. Questo permise loro di diffondere le proprie teorie sul suolo americano e, con l’aiuto di altri intellettuali di sinistra, corrompere moralmente diverse generazioni di giovani americani.
Le teorie di Marcuse, che combinavano il marxismo con il Pansessualismo freudiano, diedero impulso al movimento della liberazione sessuale. Marcuse riteneva che nella società capitalista la repressione della propria natura ostacolasse liberazione e libertà. Di conseguenza, diveniva necessario opporsi a tutte le religioni, alla morale, all’ordine e all’autorità, allo scopo di trasformare la società in un mondo utopico, caratterizzato da un piacere senza limiti, ottenuto senza sforzi.
In questo senso, la nota opera Eros e civiltà di Marcuse riveste un ruolo di rilievo tra i numerosi libri degli intellettuali di Francoforte, per due motivi: combina il pensiero di Marx e quello di Freud (portando le critiche politiche ed economiche di Marx nel campo della cultura e della psicologia) e funge da ponte tra i teorici di Francoforte e i giovani lettori, alimentando di fatto la ribellione degli anni ’60.
Marcuse sosteneva che il movimento di Controcultura potesse essere considerato «una rivoluzione culturale» e questo perché la protesta era «diretta all’intero establishment culturale, compresa la morale della società esistente»; e ancora: «C’è una cosa che possiamo dire con totale certezza: l’idea tradizionale di rivoluzione, così come la strategia tradizionale della rivoluzione, è finita. Queste idee sono vecchie […] Quello che dobbiamo fare è intraprendere una disintegrazione del sistema che sia diffusa e disorganica»[21].
Tra i giovani ribelli in pochi erano in grado di comprendere le arcane teorie della Scuola di Francoforte, mentre le idee di Marcuse erano semplici: andare contro la tradizione, contro l’autorità e contro la morale e darsi a “sesso, droga e rock&roll” senza limiti. «Fate l’amore e non fate la guerra», era infatti uno degli slogan più comuni.
Per essere considerato parte della “nobile causa rivoluzionaria“ era sufficiente “dire no” a qualsiasi forma di autorità e norma sociale. Essere un “rivoluzionario” era quindi diventato semplicissimo; non stupisce che milioni e milioni di giovani occidentali fossero attratti da questa causa.
Va inoltre sottolineato che, sebbene numerosi giovani ribelli agissero di propria iniziativa, molti dei leader studenteschi più radicali, che componevano l’avanguardia di questo o quel Movimento, avevano ricevuto uno specifico addestramento militare ed erano manovrati a distanza dai regimi comunisti. Ad esempio il gruppo Studenti per una Società Democratica negli USA erano stati addestrati a Cuba; le proteste studentesche venivano direttamente organizzate ed istigate da organizzazioni comuniste.
Nel 1969 una fazione di estrema sinistra si distaccò dagli Studenti per una Società Democratica e prese il nome di Weathermen (i meteorologi). In un comunicato la nuova associazione annunciò: «Il contrasto tra i popoli rivoluzionari di Asia, Africa e America Latina e gli imperialisti capitanati dagli Stati Uniti è il principale conflitto nel mondo contemporaneo. Lo sviluppo di questo conflitto sta promuovendo la lotta dei popoli del mondo intero contro l’imperialismo statunitense ed i suoi lacchè».
Il testo non era originale, l’autore di quelle parole era Lin Biao, allora la seconda persona più potente nella Cina comunista come vice di Mao. I membri del Weathermen avevano preso ispirazione da una serie di articoli scritti da Lin, riuniti in una raccolta intitolata Lunga vita alla vittoria della guerra del popolo!”[22].
La Grande rivoluzione culturale causò danni irreversibili alla cultura tradizionale cinese, allo stesso modo il movimento di Controcultura provocò enormi sconvolgimenti nella società occidentale:
- rese “normali” quelle che erano diverse sottoculture, appartenenti agli strati più bassi della società o deviazioni della cultura dominante. La liberazione sessuale, l’uso di droga ed i (dis)valori – in apparenza “positivi” – veicolati dalle rockstar e dalla loro musica, corruppero rapidamente la moralità dei giovani, trasformandoli in una forza corrosiva che si opponeva a Dio, ai valori autentici della tradizione e alla società in toto;
- il movimento di Controcultura creò un precedente per diffondere l’attivismo caotico e portò a creare una serie di sistemi di pensiero antisociali e anti-americani, preparando la strada a una futura rivoluzione;
- infine, passati gli anni ’60, i giovani che avevano tolto i panni degli attivisti (gli “ex sessantottini”, in Italia) frequentarono università e istituti di ricerca, portando a casa dottorati e master. Entrarono quindi nella “buona” società dalla porta principale, trasmettendo la visione del mondo e i valori marxisti nella scuola, nei mezzi d’informazione, nella politica e nelle imprese. Una strisciante quanto efficace rivoluzione non violenta ebbe luogo in tutto l’Occidente.
Negli anni ’80, la Sinistra (nelle sue diverse declinazioni) controllava infatti la stragrande maggioranza dei principali mezzi di informazione, il mondo accademico e il settore cinematografico, in tutto l’Occidente.
Negli Stati Uniti, durante la presidenza di Ronald Reagan (1980-1988) questa tendenza si invertì per un breve periodo ma negli anni ’90 riprese vigore, fino a giungere nuovi picchi di recente.
5. La manipolazione del pacifismo e dei movimenti per i diritti civili
Nel famoso romanzo 1984 di George Orwell, uno dei quattro ministeri principali del governo di Oceania è il Ministero della Pace, che si occupa delle questioni belliche. Il motivo per cui il nome del Ministero indica l’opposto rispetto alle sue reali funzioni, ha implicazioni profonde: quando la propria forza è inferiore a quella del nemico, la migliore strategia è proclamare il proprio desiderio di pace; offrire un ramoscello d’ulivo è infatti il miglior modo per nascondere un attacco imminente.
L’Unione Sovietica, e i regimi comunisti in generale, sono da sempre dei grandi esperti nell’impiego di questa strategia, che il Comunismo utilizza anche per infiltrarsi in Occidente. Il Consiglio mondiale della Pace è stato fondato nel 1948. Il suo primo presidente fu il medico francese Joliot-Curie, membro del Partito Comunista Francese.
La Seconda guerra mondiale era appena finita e gli Stati Uniti erano l’unico Paese ad aver prodotto e testato la bomba atomica. Avendo subito gravi perdite nel corso della guerra, l’Unione Sovietica iniziò a promuovere in modo aggressivo la pace nel mondo come stratagemma per prevenire la pressione dall’Occidente. Il Consiglio Mondiale della Pace, d’altra parte, era direttamente controllato dalla Commissione Sovietica per la Pace (un’organizzazione affiliata al PCUS) e diffondeva in tutto il mondo l’idea che l’Unione Sovietica fosse un Paese amante della pace, accusando al contempo gli Stati Uniti di essere una nazione guerrafondaia con mire di egemonia globale.
Mikhail Suslov, funzionario sovietico di alto grado e leader ideologico, promuoveva una “lotta per la pace” che poi è diventata parte integrante della retorica sovietica: «L’attuale movimento pacifista mostra la volontà e la prontezza, delle grandi masse di persone, nell’azione di salvaguardia della pace e di ostacolo nei confronti di quegli aggressori che hanno intenzione di far precipitare l’umanità nell’abisso di un altro massacro – scriveva Suslov in un pezzo propagandistico del 1950 – La missione ora è quella di trasformare questa volontà popolare in azioni attive e concrete, volte a far fallire i piani e le azioni dei guerrafondai anglo-americani»[23].
Per sostenere quello che affermava il Consiglio mondiale per la Pace, l’Unione Sovietica al tempo appoggiava una moltitudine di gruppi ed organizzazioni, come la Federazione Sindacale Mondiale, l’Associazione Mondiale dei Giovani, la Federazione Internazionale Democratica delle Donne, la Federazione Internazionale dei Giornalisti, la Federazione Mondiale della Gioventù Democratica e la Federazione Mondiale degli Scienziati.
In questo modo, la retorica della “pace nel mondo” diventò la prima linea nella guerra tra comunisti e mondo libero per la conquista dell’opinione pubblica.
Nel 1982, Vladimir Bukovsky, un importante dissidente sovietico, scrisse che «le generazioni più anziane possono ancora ricordare le marce, le manifestazioni e le richieste degli anni ’50 […] Ormai non è più un segreto che tutta quella campagna fosse organizzata, condotta e finanziata da Mosca mediante il cosiddetto Fondo per la Pace ed il Consiglio mondiale per la Pace, anch’esso controllato dai sovietici»[24].
Gus Hall, segretario generale del Partito Comunista degli Stati Uniti, commentò: «C’è bisogno di estendere la lotta per la pace, di portarla a un livello superiore, di coinvolgere più persone, così che diventi un importante tema di discussione in ogni comunità, in ogni gruppo di persone, ogni sindacato, ogni chiesa, ogni famiglia, ogni strada e in ogni luogo in cui le persone si riuniscono»[25].
Nel corso della Guerra fredda, i sovietici sostennero il movimento pacifista in tre riprese. La prima volta negli anni ’50, la seconda coincise con il movimento contro la guerra degli anni ’60 e ’70, la terza all’inizio degli anni ‘80.
Stanislav Lunev è un ex ufficiale dell’intelligence militare sovietica (GRU) che disertò negli Stati Uniti nel 1992, dove offrì varie testimonianze del suo operato. Secondo Lunev la somma totale spesa dall’Unione Sovietica nella propaganda pacifista nei Paesi occidentali era doppia rispetto al sostegno militare ed economico fornito al Vietnam del Nord: «La GRU e il KGB hanno finanziato quasi tutti i movimenti e le organizzazioni pacifiste, negli Stati Uniti, così come in altri Paesi»[26].
Ronald Radosh, ex marxista ed attivista del movimento contro la guerra in Vietnam, ha ammesso: «La nostra intenzione non è mai stata tanto quella di mettere fine alla guerra, bensì di utilizzare il sentimento pacifista per creare un nuovo movimento socialista rivoluzionario in patria»[27].
Il terzo grande movimento pacifista arrivò all’inizio degli anni ’80, quando gli Stati Uniti dislocarono testate nucleari a medio raggio in Europa. Le proteste chiedevano che sia l’Unione Sovietica che gli Stati Uniti limitassero i propri arsenali nucleari. Storicamente i sovietici non avevano mai dato esecuzione alle disposizioni dei trattati internazionali: uno studio condotto nel 1955 dalla Commissione Giustizia del Senato statunitense aveva preso in considerazione i 38 anni successivi alla fondazione del regime sovietico. L’URSS aveva firmato circa mille trattati con vari Paesi, senza rispettare praticamente alcuno degli impegni presi e degli accordi firmati. Gli autori dello studio conclusero che l’Unione Sovietica sia stata probabilmente la nazione meno affidabile tra tutte le potenze della Storia[28].
Secondo Trevor Loudon, negli anni ’80 il movimento antinucleare neozelandese è stato occultamente finanziato dall’Unione Sovietica per mezzo dei propri agenti. Di conseguenza, la Nuova Zelanda si è ritirata dal Trattato di Sicurezza stipulato tra Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti (anche noto come Trattato Anzus), esponendo la piccola nazione, con una popolazione di meno di 4 milioni, alla minaccia del Comunismo[29].
Anche dopo gli attacchi dell’11 settembre, negli Stati Uniti ci sono state alcune grandi manifestazioni e proteste contro la guerra, tutte inscenate da organizzazioni strettamente legate ai comunisti[30].
Persino il movimento americano dei diritti civili, che gode di ottima reputazione presso l’opinione pubblica di tutto il mondo, è stato infiltrato dallo Spettro del Comunismo. L’intellettuale americano G. Edward Griffin ha comparato tra loro le rivoluzioni comuniste avvenute in Cina, a Cuba e in Algeria, osservando che il movimento dei diritti civili americano funziona secondo lo stesso schema: nella prima fase, le persone vengono divise in gruppi diversi e posti in conflitto; nella seconda, viene stabilito un fronte unito, al fine di creare l’illusione di un’unità trasversale, per poi passare, nella terza fase, all’opposizione; nella quarta, si inizia ad incitare alla violenza e, nella quinta ed ultima fase, si tenta un colpo di Stato e si prendere il potere con la rivoluzione[31].
A partire dalla fine degli anni ’20, il Partito dei Lavoratori Americano, di matrice comunista, intuì il grande potenziale degli afroamericani, ai fini della Rivoluzione. Chiese quindi la creazione di una “Repubblica dei Neri” di stampo sovietico nel cuore degli Stati del sud dell’Unione, in cui la percentuale di cittadini di origine afroamericana era massima rispetto al resto degli Stati Uniti[32] Un manuale di propaganda comunista pubblicato nel 1934 dal titolo The Negroes in a Soviet America [I neri in un’america sovietica], proponeva persino di combinare assieme la rivoluzione razziale nel Sud con la rivoluzione proletaria globale in tutta l’America[33].
Negli anni ’60 i movimenti per i diritti civili negli Stati Uniti ricevettero il sostegno dei partiti comunisti dell’Unione Sovietica e cinese. Leonard Patterson, un afroamericano, ex membro del Partito Comunista USA rivelò di essere stato addestrato a Mosca e che le rivolte capeggiate dei neri americani ricevevano un forte sostegno dal Partito Comunista USA. Oltre a Patterson, anche il segretario generale del Partito Comunista USA Gus Hall era stato a Mosca per ricevere opportuno addestramento[34].
Si può comprendere quindi la ragione per cui l’intensificarsi dell’attivismo in capo al movimento dei diritti civili sia coinciso con la campagna di esportazione della rivoluzione del Partito Comunista Cinese.
Nel 1965, infatti, il PCC lanciò lo slogan della “Rivoluzione Internazionale”, appellandosi alla “vasta periferia”, ovvero Asia, Africa e America Latina perché circondasse le “città internazionali”, rappresentate dall’Europa Occidentale e dal Nord America. L’obiettivo era replicare il modo in cui il PCC stesso – durante la guerra civile cinese – aveva prima dovuto conquistare la periferia, per poi sconfiggere il Partito Nazionalista nelle maggiori città.
Le organizzazioni più violente all’interno del movimento dei diritti degli afroamericani (come il Revolutionary Action Movement e le Pantere nere, entrambe di ispirazione maoista) erano tutte sostenute o influenzate direttamente dal PCC. Il Revolutionary Action Movement (sciolto nel 1969) sosteneva la rivoluzione violenta ed era generalmente considerato una pericolosa organizzazione estremista. Le Pantere nere, invece, dalla forma alla retorica che erano loro proprie, vedevano il PCC come modello ed utilizzavano slogan quali: «il potere politico viene dalla canna di un fucile» e «tutto il potere appartiene al popolo». Il Libretto rosso di Mao era una lettura obbligatoria per ogni iscritto e come il PCC, anche le Pantere nere sostenevano la rivoluzione violenta. Uno dei suoi leader, Eldridge Cleaver, aveva previsto un’ondata di terrore, violenza e guerriglia per l’anno 1968; durante gli incontri i partecipanti sventolavano il Libretto rosso: una scena che assomigliava molto alle quelle che si verificavano in Cina nello stesso periodo[35].
Nonostante numerose richieste del movimento per i diritti civili siano state accolte dalla classe dirigente americana, l’ideologia radicale della rivoluzione nera non è scomparsa. Di recente è tornata alla ribalta con il movimento Black Lives Matter[36].
I popoli di tutto il mondo aspirano alla pace, il pacifismo è un ideale antico. Nel corso del XX secolo, tante persone con nobili sogni e grande compassione hanno dedicato i loro sforzi a ridurre le incomprensioni ed i conflitti tra le nazioni. A causa di specifiche circostanze storiche, la discriminazione razziale purtroppo esiste ancora, sia negli Stati Uniti che in altri Paesi occidentali: appare comprensibile che si cerchi di eliminarla attraverso l’educazione, l’informazione e le manifestazioni di protesta.
Il problema è che il malvagio Spettro del Comunismo approfitta delle tendenze ideologiche e dei conflitti sociali in Occidente, seminando zizzania, incitando all’odio e producendo violenza. Allo tempo stesso inganna e manipola le masse inconsapevoli che, inizialmente, non covavano nei propri cuori alcun intento malvagio.
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Note bibliografiche
[1] “An Interview With Trevor Loudon,” Capital Research Center, https://capitalresearch.org/article/an-interview-with-trevor-loudon/.
[2] Karl Marx, Manifesto of the Communist Party (Marx/Engels Internet Archive), https://www.marxists.org/archive/marx/works/1848/communist-manifesto/ch04.htm.
[3] A.M. McBriar, Fabian Socialism and English Politics, 1884–1918. (Cambridge: Cambridge University Press, 1966), p. 9.
[4] Mary Agnes Hamilton, Sidney and Beatrice Webb A Study in Contemporary Biography (Sampson Low, Marston & Co. Ltd.). https://archive.org/stream/in.ernet.dli.2015.81184/2015.81184.Sidney-And-Beatrice-Webb_djvu.txt
[5] Vladimir Ilyich Lenin, “Left-Wing” Communism: an Infantile Disorder (Marxists.org).
[6] Bernard Shaw, The Intelligent Woman’s Guide to Socialism and Capitalism (Brentanos Publishers New York), https://archive.org/details/TheIntelligentWomensGuideToSocialismAndCapitalism.
[7] Quoted from “The Truth about the American Civil Liberties Union,” Congressional Record: Proceedings and Debates of the 87the Congress, 1st session. https://sites.google.com/site/heavenlybanner/aclu.
[8] M. Stanton Evans and Herbert Romerstein, “Introduction,” Stalin’s Secret Agents: The Subversion of Roosevelt’s Government (New York: Threshold Editions, 2012).
[9] Ibid.
[10] Thomas Schuman, Love Letter to America (Los Angeles: W.I.N. Almanac Panorama, 1984), pp. 21–46.
[11] Ion Mihai Pacepa, Ronald J. Rychlak, Disinformation (WND Books).
[12] Wang Tseng-tsai, Modern World History (San Min Book Co., Ltd. Taipei, 1994), pp. 324–329.
[13] Dinesh D’Souza, The Big Lie: Exposing the Nazi Roots of the American Left (Chicago: Regnery Publishing, 2017), Chapter 7.
[14] Jim Powell, FDR’s Folly: How Roosevelt and His New Deal Prolonged the Great Depression (New York: Crown Forum, 2003).
[15] Ibid., back cover.
[16] G. Edward Griffin, More Deadly than War, https://www.youtube.com/watch?v=gOa1foc5IXI.
[17] Nicholas Eberstadt, “The Great Society at 50” (American Enterprise Institute), http://www.aei.org/publication/the-great-society-at-50/. Another reference on the consequences of the United States’ high-welfare policy is a book by the same author: A Nation of Takers: America’s Entitlement Epidemic (Templeton Press, 2012).
[18] Elmer T. Peterson, “This is the Hard Core of Freedom” (The Daily Oklahoman, 1951). This quote has also been attributed to French historian Alexis de Tocqueville.
[19] William L. Lind, Chapter VI, “Further Readings on the Frankfurt School,” in William L. Lind, ed., Political Correctness: A Short History of an Ideology (Free Congress Foundation, 2004), p. 4–5. Refer to the text at: http://www.nationalists.org/pdf/political_correctness_a_short_history_of_an_ideology.pdf
[20] William S. Lind, “What is Cultural Marxism?” http://www.marylandthursdaymeeting.com/Archives/SpecialWebDocuments/Cultural.Marxism.htm
[21] Raymond V. Raehn, Chapter II, “The Historical Roots of ‘Political Correctness,’” in William L. Lind, ed., Political Correctness: A Short History of an Ideology (Free Congress Foundation, 2004), p. 10.
[22] Shen Han, Huang Feng Zhu, “The Rebel Generation: The Western student movement in the 1960s” (Refer to Lin Biao’s translated text at https://www.marxists.org/reference/archive/lin-biao/1965/09/peoples_war/ch08.htm.
[23] Mikhail Suslov, “The Defense of Peace and the Struggle Against the Warmongers” (New Century Publishers, February 1950).
[24] Vladimir Bukovsky, “The Peace Movement & the Soviet Union” (Commentary Magazine, 1982). Refer to the link: https://www.commentarymagazine.com/articles/the-peace-movement-the-soviet-union/
[25] Jeffrey G. Barlow, “Moscow and the Peace Movement,” The Backgrounder (The Heritage Foundation, 1982), p. 5.
[26] Stanislav Lunev, Through the Eyes of the Enemy: The Autobiography of Stanislav Lunev (Washington D.C.: Regnery Publishing, 1998), p. 74, p. 170.
[27] Robert Chandler, Shadow World: Resurgent Russia, the Global New Left, and Radical Islam (Washington, D.C.: Regnery Publishing, 2008), p. 389.
[28] Anthony C. Sutton, “Conclusions,” The Best Enemy You Can Buy (Dauphin Publications, 2014).
[29] Trevor Loudon, The Enemies Within: Communists, Socialists, and Progressives in the U.S. Congress (Las Vegas: Pacific Freedom Foundation, 2013), pp. 5–14.
[30] “AIM Report: Communists Run Anti-War Movement,” Accuracy in Media (February 19, 2003), https://www.aim.org/aim-report/aim-report-communists-run-anti-war-movement/.
[31] G. Edward Griffin, Anarchy U.S. A.: In the Name of Civil Rights (DVD), John Birch Society.
[32] John Pepper (Joseph Pogani), American Negro Problems (New York: Workers Library Publishers, 1928), https://www.marxistsfr.org/history/usa/parties/cpusa/1928/nomonth/0000-pepper-negroproblems.pdf.
[33] James W. Ford and James Allen, The Negroes in a Soviet America (New York: Workers Library Publishers, 1934), pp. 24–30.
[34] Leonard Patterson, “I Trained in Moscow for Black Revolution,” https://www.youtube.com/watch?v=GuXQjk4zhZs.
[35] G. Louis Heath, ed., Off the Pigs! The History and Literature of the Black Panther Party, p. 61.
[36] Thurston Powers, “How Black Lives Matter Is Bringing Back Traditional Marxism,” The Federalist, http://thefederalist.com/2016/09/28/black-lives-matter-bringing-back-traditional-marxism/