Capitolo 9 (Parte II): La trappola economica del Comunismo
Indice dei contenuti
4. Proprietà pubblica ed economia pianificata portano alla schiavitù dell’individuo
a. Proprietà pubblica: un giogo del totalitarismo
b. L’economia pianificata è destinata al fallimento
5. La teoria dello sfruttamento di Marx: una fallace inversione di bene e male
6. Odio e invidia: le origini dell’egualitarismo assoluto
a. La promozione dell’egualitarismo economico: una pietra miliare del Comunismo
b. L’impiego dei sindacati per danneggiare le società libere
7. Gli “ideali” comunisti portano in tentazione le persone, fino a distruggerle
Conclusione: prosperità e pace possono essere raggiunte solo grazie a una moralità elevata
Note bibliografiche
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4. Proprietà pubblica ed economia pianificata portano alla schiavitù dell’individuo
Il Cielo ha creato gli esseri umani, fornendo loro saggezza e forza: nel corso della loro vita avrebbero raccolto i frutti del proprio lavoro, i quali sarebbe più che sufficienti per assicurare loro una vita dignitosa.
Nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America si legge: «Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità[1]».
Tra questi diritti vi è il poter disporre e utilizzare proprietà e attività. In contrasto, nel Manifesto del partito comunista, si legge che: «In questo senso i comunisti possono riassumere le loro teorie in questa proposta: abolizione della proprietà privata[2]».
Marx si riferisce indirettamente alla creazione di un sistema di proprietà pubblica, che è intrinsecamente legato al sistema dell’economia pianificata. L’essenza di questi sistemi viola i principi del Cielo, va contro la natura umana e costituisce una forma di schiavitù.
a. Proprietà pubblica: un giogo del totalitarismo
Fred Schwartz, medico australiano e attivista politico anti-comunista, nel suo libro You Can Trust the Communists … to Be Communists [Puoi credere ai comunisti… che saranno comunisti] è raccontata una storiella divertente. Per esemplificare il concetto di proprietà pubblica, Schwartz immagina che un giornalista parli con gli operai di una fabbrica di automobili, prima in Unione Sovietica, poi negli USA.
«Di chi è questa fabbrica?», chiede il reporter.
«È nostra», rispondono gli operai sovietici.
«A chi appartiene la terra su cui è costruita?»
«A noi»
«A chi appartengono i prodotti della fabbrica, una volta ultimati?»
«A noi»
All’esterno della fabbrica c’è un parcheggio, dove ci sono solo tre auto malandate.
Il giornalista chiede: «Di chi sono quelle auto là fuori?».
«Sono nostre, ma una di loro è utilizzata dal direttore della fabbrica, una dal commissario politico e l’altra dalla polizia segreta».
Il giornalista quindi fa le stesse domande agli operai americani:
«Di chi è questa fabbrica?»
«Di Henry Ford», rispondono gli operai.
«A chi appartiene la terra su cui è costruita?»
«A Henry Ford»
«A chi appartengono i prodotti della fabbrica, una volta costruiti?»
«A Henry Ford».
All’esterno della fabbrica c’è un parcheggio, pieno di ogni tipo e varietà di automobili.
«Di chi sono tutte quelle auto là fuori?», chiede il reporter.
«Oh, sono nostre».
Questa storiella immaginaria mostra le differenti conseguenze dell’avere un sistema di proprietà pubblica e uno di proprietà privata. Nel sistema della proprietà pubblica, le risorse e i proventi del lavoro sono nazionalizzati; di conseguenza non sussistono più i meccanismi che motivano l’entusiasmo individuale, l’impegno, l’innovazione e il senso di responsabilità, in quanto sono tutti legati ai diritti alla proprietà privata. A parole, la proprietà pubblica significa che la ricchezza di un Paese è condivisa da tutti i cittadini, ma nei fatti significa che la classe privilegiata monopolizza le risorse e pensa prima a sé.
Il fattore più importante in assoluto per uno sviluppo economico sono le persone. La proprietà pubblica strozza la vitalità e la voglia delle persone di essere produttive. Nuoce al loro morale, promuove l’inefficienza e provoca sprechi.
Dalle piantagioni collettive sovietiche alle comuni del popolo in Cina – passando per le collettivizzazioni fallite in Cambogia e Corea del Nord – il sistema della proprietà pubblica ha portato la fame ovunque. In Cina decine di milioni di persone sono morte, a causa di carestie “prodotte” dall’intervento umano, riconducibili al sistema dell’economia pianificata e della proprietà pubblica.
La proprietà privata è in accordo con il principio per cui l’Umanità debba lavora per il proprio pane. Al contrario, la proprietà pubblica viola questo principio.
Tra gli esseri umani, esistono sia il bene che il male. La proprietà privata permette di sviluppare la propria natura benevola, in quanto incoraggia il lavoro e la parsimonia. La proprietà collettiva, invece, incoraggia la parte malvagia della natura umana, in quanto promuove l’invidia e la pigrizia.
Friedrich Hayek, economista e sociologo britannico, ha scritto che la civiltà in quanto tale si basa sulle tradizioni sociali che mettono al centro la proprietà privata, tradizioni che hanno prodotto il moderno sistema capitalista e la crescita economica che ne è derivata. Si tratta di un ordine olistico e naturale che non richiede l’intervento di un governo, per funzionare. Al contrario i movimenti comunisti e socialisti vogliono prendere il controllo di questo ordine: un fatto che Hayek definisce come una «catastrofica arroganza[4]».
Proprietà privata e libertà sono elementi inseparabili; lo stesso vale per proprietà collettiva, dittatura e repressione. Il sistema della proprietà collettiva nazionalizza le risorse, peggiora la produttività economica e trasforma le persone in servi e schiavi del Paese. Tutti devono obbedire ai comandi del Partito centrale e ogni idea o voce che non sia in armonia con il regime può essere messa a tacere con punizioni economiche. Le persone non possono fare nulla contro l’intervento dello Stato.
Eliminare la proprietà privata per sostituirla con quella collettiva porta inevitabilmente al Totalitarismo. Il collettivismo è un giogo al collo delle persone, imposto da uno Stato totalitario. La popolazione viene privata delle sue libertà – compresa la libertà di essere brave persone – e tutti sono costretti a seguire i dettami “morali”del regime comunista.
Vari autori considerano che il potere non vada privatizzato e che la ricchezza non vada resa collettivizzata, altrimenti avverrà un disastro. Gli esempi storici al riguardo non mancano.
b. L’economia pianificata è destinata al fallimento
Sotto il sistema dell’economia pianificata, la produzione, l’allocazione delle risorse e la distribuzione dei prodotti nell’intera società è basata su un piano stabilito dallo Stato: una situazione molto diversa dalla naturale pianificazione su piccola scala condotta da aziende e individui.
L’economia pianificata ha dei difetti naturali evidenti.
Prima di tutto, richiede di raccogliere un’enorme quantità di dati per poter programmare in modo “sensato” i livelli di produzione per ogni settore. In un Paese dalla grande popolazione, la quantità di informazioni necessarie è gigantesca. Esempio: nell’Unione Sovietica l’ufficio per i prezzi dei beni di consumo doveva decidere i prezzi finali di circa 24 milioni di prodotti[5]. Arrivare a concludere tali calcoli in modo ragionevole appare impossibile.
La complessità e la variabilità di una società — delle persone che la compongono — non possono essere riassunte e gestite con i meccanismi di un’economia pianificata [6]. Persino al giorno d’oggi, utilizzando l’intelligenza artificiale e i big data, non è comunque possibile inserire i pensieri umani tra le variabili: i calcoli prodotti saranno sempre incompleti e il sistema sarà sempre fallimentare.
L’economista Ludwig von Mises ha discusso la relazione tra Socialismo e Libero mercato nel suo articolo Economic Calculation in the Socialist Commonwealth [Calcolo economico in un Commonwealth socialista]. La sua conclusione è che, senza un vero mercato, una società socialista non potrà produrre calcoli economici ragionevoli. Di conseguenza, la distribuzione delle risorse non potrà essere razionalizzata e l’economia pianificata fallirà[7].
In secondo luogo, la pianificazione economica richiede un controllo coercitivo delle risorse. Il governo arriva quindi a detenere un potere assoluto: stabilisca gli obiettivi e impartisce gli ordini.
Un’economia del potere è interessata prima di tutto agli aspetti politici, e non ai reali interessi del popolo: quando le esigenze del mondo reale non vengono soddisfatte dalla pianificazione statale, il potere dello Stato si impone sulle tendenze economiche naturali, causando l’allocazione inappropriata di grandi quantità di capitale, con tutti i problemi che ne derivano.
L’economia pianificata impiega il potere e la saggezza limitata del governo per giocare a fare Dio. È un approccio destinato a fallire.
La pianificazione economica è inseparabile dalle politiche stringenti. Dato che la pianificazione centrale statale avrà inevitabilmente delle falle, quando sorgono dei problemi, i piani verranno messi in dubbio, sia da chi è dentro il governo, che da chi vi è fuori. Chi ha il potere, dunque, avrà la sensazione che la propria autorità venga messa in discussione e si “difenderà” con pressioni e purghe politiche.
Mao Zedong, per esempio, ha ignorato le leggi dell’economia e costretto il Paese al cosiddetto Grande balzo in avanti, che ha portato a una carestia durata tre anni e costata decine di milioni di morti. Le conseguenti sfide che Mao ha dovuto affrontare lo hanno portato a “difendersi” lanciando la Grande rivoluzione culturale.
Gli effetti disastrosi dell’economia pianificata e della proprietà pubblica sono evidenti se si osservano le attuali condizioni delle imprese statali cinesi. Negli anni recenti, infatti, un gran numero di queste aziende hanno fermato o rallentato la produzione, hanno subito perdite ogni anno o sono diventate insolventi.
Si basano sui sussidi governativi e sui crediti bancari aperti per sostenere le proprie operazioni; di fatto sono diventate dei parassiti dell’economia nazionale, molte di loro vengono definite “aziende zombie”[8].
Tra le 150 mila imprese statali presenti in Cina — con l’eccezione di quelle che operano nel contesto dei monopoli di Stato in settori molto redditizi come il petrolio e le telecomunicazioni — la grande maggioranza ha profitti minimi e grosse perdite.
Alla fine del 2015, le attività complessive di queste aziende ammontavano al 176 per cento del PIL, i debiti al 127 per cento e i profitti solo al 3,4 per cento. Alcuni economisti ritengono che in sostanza le aziende zombie abbiano deviato e rovinato l’economia cinese [9].
Infine, la pianificazione economica priva le persone della loro libertà e costringe lo Stato ad occuparsi di loro. In essenza, si tratta di trasformare le persone in schiavi o in macchine: tutti gli aspetti della vita del popolo finiscono sotto il controllo dello Stato.
Lo Stato rinchiude le persone in una prigione invisibile, per poter abolire il libero arbitrio e alterare i parametri della vita umana definiti da Dio. Questa è un’ulteriore manifestazione della rivolta dello Spettro contro Dio e contro la legge naturale.
5. La teoria dello sfruttamento di Marx: una fallace inversione di bene e male
Secondo quanto sostenuto da Marx, solo il lavoro crea valore. Se il proprietario di un’azienda investe 10 milioni oggi, e i ricavi dopo un anno sono di 11 milioni, allora l’utile di un milione è stato creato dai lavoratori.
Secondo le teorie marxiste, il capitale – le sedi dell’azienda, i beni e gli altri mezzi di produzione – non crea valore, ma è trasferito semplicemente nel costo dei beni.
Il valore creato dagli impiegati dell’azienda (11 milioni nell’esempio precedente) è più alto dei costi (che includono gli stipendi, ovvero il costo del loro lavoro); secondo la teoria marxista, il profitto, un milione in questo caso, è il cosiddetto “plusvalore”, creato dagli impiegati e ingiustamente espropriato dal capitalista.
Marx sosteneva di aver scoperto il segreto di come i capitalisti si arricchissero e riteneva che questo segreto — lo sfruttamento della classe operaia — costituisse il peccato originale della borghesia. Per Marx l’investimento capitalistico per avviare un’azienda viene chiaramente effettuato con lo scopo ultimo di raggiungere un profitto; per poterci arrivare il proletariato verrebbe necessariamente sfruttato.
Questo presunto “peccato originale” sarebbe dunque intrinseco al sistema capitalistico, il cui protagonista è l’intera borghesia. Marx ha quindi concluso che per poter eliminare il peccato, l’intera società capitalista doveva essere distrutta: la borghesia andava eliminata, le sue proprietà confiscate e l’avanguardia del partito comunista avrebbe dovuto collettivizzare la proprietà e istituire il Comunismo.
La teoria marxista dello sfruttamento è assurda, principalmente per due motivi.
1. Divide il popolo in due classi opposte: la borghesia con il suo capitale e il proletariato che ne è privo. In realtà, da quando le società industrializzate sono emerse, la mobilità di classe è aumentata rapidamente.
Per esempio, negli anni di Marx (inizio del 1800, fino agli anni ’50 del 1800) la mobilità di classe era simile a quella che poi ci sarebbe stata negli Stati Uniti e nel Regno Unito negli anni ’70 del 1900.
Il movimento tra le classi è un processo dinamico: un membro del proletariato non vi fa più parte nel momento in cui acquista dei titoli azionari di un’azienda. Se è così facile passare a un’altra classe, allora i tentativi di dividere le persone in simili gruppi non hanno altro scopo che incitare all’odio e alla lotta di classe
2. Rimpiazza i valori morali tradizionali con degli standard surrogati, che invertono quello che è giusto e quello che è sbagliato. Le persone vengono ingannate, tramite una serie di “elaborate teorie” ad accettare la visione marxista: un individuo viene giudicato buono o cattivo non in base alla sua etica e alle sue azioni, ma in base alla sua posizione nella gerarchia (inversa) del capitale.
Chi appartiene alla classe capitalista ha quindi la colpa “innata” di sfruttare il proletariato (la classe lavoratrice). Dato che il proletariato viene represso e sfruttato “naturalmente”, chi ne fa parte ha un vantaggio morale rispetto ai “padroni”.
Non importa come i proletari trattino i capitalisti: possono camminare a testa alta, sicuri di essere nel giusto.
Per la teoria marxista possedere delle proprietà equivale a un crimine; mettere le mani sulle ricchezze altrui è “giustizia”e ha portato a giustificare e persino legalizzare le espropriazioni violente. Questa inversione di giusto e sbagliato, di bene e male, porta gli esseri umani in una spirale di malvagità senza fine.
In Cina, nell’ex Unione Sovietica e negli Stati comunisti dell’Europa dell’Est, i partiti comunisti hanno rubato terreni e proprietà, linciato i proprietari terrieri e sottratto le aziende ai loro proprietari. I partiti comunisti di quei Paesi hanno assassinato i “nemici di classe”, incendiato o confiscato le proprietà personali — tramandate di generazione in generazione — distrutto la base morale della natura umana e indetto un vero e proprio terrorismo di Stato contro il popolo.
Tutta questa malvagità è stato il risultato delle teorie appena esposte. Al contempo, i valori morali tradizionali, così come la fede in Dio, nei santi e in altri importanti autori e figure storiche, è stata considerata come un fenomeno appartenente alle “classi sfruttatrici“, da attaccare e rovesciare.
Le teorie di Marx, del resto, sono state abbondantemente criticate nei circoli economici e filosofici[11]. Di seguito alcuni esempi che illustrano l’assurdità della teoria dello sfruttamento.
Marx sostiene che il lavoro crei valore e che il valore sia determinato dal tempo di lavorazione necessario per la produzione. Questa teoria è ridicola in quanto il valore di un bene non è una proprietà intrinseca del bene stesso: nella maggior parte dei casi, le persone attribuiscono un elemento soggettivo a ogni bene, come quello determinato dalla domanda e dall’offerta.
Molti economisti hanno esplorato il processo della creazione di valore e, diversamente dalla ristrettezza di vedute di Marx — che identifica un solo elemento che determinerebbe il valore di una merce — la maggior parte dei pensatori in ambito economico ritiene che i fattori coinvolti nella creazione del valore siano molteplici. Il capitale, il lavoro, la scienza e la tecnologia, la gestione amministrativa, il rischio dell’investimento e così via.
Le attività economiche sono un sistema complesso, che coinvolge diversi anelli della catena di produzione. Fattori di produzione diversi hanno requisiti di gestione diversi così come persone diverse giocano ruoli diversi — ciascuno importante per l’intera catena produttiva — contribuendo quindi alla creazione del valore residuo.
Un esempio: un imprenditore pianifica di spendere un milione di euro per assumere due ingegneri per la progettazione di un nuovo giocattolo; viene assunto anche un esperto di marketing per promuoverlo.
Due anni dopo, il nuovo giocattolo raggiunge un certo successo: il profitto dalle vendite è di 50 milioni di euro. È il lavoro degli ingegneri e dell’esperto di marketing ad aver creato il “valore residuo“ di 50 milioni? Ovviamente no. La ragione per cui il nuovo giocattolo ha raggiunto tali livelli di vendite è perché i consumatori hanno voluto comprarlo.
La conoscenza del mercato da parte dell’imprenditore, la sua abilità nell’organizzare e gestire i collaboratori, il suo coraggio nel correre un rischio; tutti elementi che hanno contribuito al valore del giocattolo.
Supponiamo che l’idea creativa alla base del modello del giocattolo sia merito di uno dei due ingegneri: si può dire che il valore residuo di 50 milioni sia il risultato dell’imprenditore che ha sfruttato la creatività dell’ingegnere, senza dargli nulla in cambio? Certamente no.
In generale si può dire che è un caso in cui l’ingegnere si accorda con l’azienda per ricevere un compenso per la sua creatività e può negoziare un salario più alto o dei bonus a seconda dei risultati ottenuti.
In un libero mercato, si tende a raggiungere un equilibrio che mette insieme l’abilità e l’ambizione con il capitale. Gli imprenditori che si focalizzano unicamente sul raggiungere alti profitti a ogni costo, non avranno la meglio sulla competizione o non riusciranno ad attrarre talenti da inserire in organico.
Ci sono anche molti fattori “casuali“ coinvolti nella decisione del valore di un bene, i quali possono essere spiegati ragionevolmente solo tenendo conto della cultura esistente nei vari Paesi e nelle preferenze personali di questo o quel gruppo di consumatori. In certe situazioni, infatti, la creazione o la perdita di valore può essere del tutto scollegata dal lavoro: il diamante che oggi vale 10 milioni potrebbe essere stato giudicato del tutto inutile cinquemila anni fa. Un appezzamento di terra sterile, ereditato dalla famiglia, può vedere il suo valore aumentare in modo sproporzionato nel momento in cui una città vicina diventa importante o se se nel terreno vengono scoperto metalli necessari alla moderna industria tecnologica.
In questi casi il valore non ha nulla a che fare con il lavoro.
Una tale ricchezza, vasta e inaspettata, non può che essere chiamata “fortuna”. Le tradizioni culturali, sia occidentali che orientali, ritengono che la fortuna sia una benedizione fornita dalle divinità agli umani.
Allo scopo di dimostrare la “razionalità”e “necessità” della proprietà pubblica, Marx ha tirato fuori la teoria dello sfruttamento basata sul plusvalore. Questo approccio ha portato a vedere le attività economiche, che le persone conducono come parte naturale della loro vita, in comportamenti negativi e non etici. La sua teoria ha riversato odio e disprezzo sull’ordine economico esistente, nel tentativo di rovinarlo e rovesciarlo.
I capitalisti e i lavoratori, i proprietari terrieri e i contadini, formano tutti una comunità che condivide degli interessi; le loro relazioni dovrebbero essere basate sulla cooperazione e l’interdipendenza, in quanto ognuno sostiene gli altri per sopravvivere. Marx ha intenzionalmente diffuso il concetto che i conflitti tra le due parti debbano essere assoluti, estremi ed esagerati, come se fossero nel mezzo di una battaglia per la vita o la morte.
La realtà e che ci sono brave persone e cattive persone tra gli imprenditori, così come tra gli impiegati. Durante lo svolgimento delle relazioni economiche quello che dovrebbe essere valutato è il comportamento di ogni singola persona e non il suo essere parte di un gruppo o di un altro. La base secondo cui si giudica dovrebbe essere la qualità morale delle persone, non la loro ricchezza o status sociale.
Le persone possono cambiare il proprio status economico e sociale con i propri sforzi: i lavoratori possono diventare investitori, accumulando e utilizzandola ricchezza; allo stesso tempo gli investitori possono vedere i loro investimenti fallire ed essere costretti a diventare lavoratori. La società è in costante cambiamento e scorre come un fiume. Il ruolo del lavoro e degli investitori nella società moderna cambia spesso. La maggior parte delle persone gioca inoltre entrambi i ruoli, in quanto investe i propri risparmi per creare una futura capacità produttiva, dando vita a nuovi posti di lavoro, arricchendo portando beneficio alla società.
Il fondatore di un sindacato americano aveva detto: «Il peggior crimine contro i lavoratori lo fa un’azienda che non riesce a fare profitti[12]».
L’assurda “teoria del plusvalore” affigge l’etichetta dello “sfruttamento” alle normali attività dei proprietari terrieri, degli investitori, degli imprenditori. Ha incitato e continua a incoraggiare le persone a provare un odio enorme e irrazionale; ha dato vita a ragionamenti confusi e a lotte intestine, distruggendo le vite di milioni di persone.
6. Odio e invidia: le origini dell’egualitarismo assoluto
Il Comunismo sostiene l’egualitarismo assoluto. In superficie potrebbe sembrare un nobile ideale, il che spinge le persone a credere ciecamente nella rettitudine morale di questa teoria. Tuttavia provoca odio e gelosia. Una conseguenza dell’egualitarismo è infatti che le persone non riescono a tollerare il successo degli altri, il fatto che qualcuno sia più ricco, che abbia una vita migliore, un lavoro più facile e via così. Secondo questa visione del mondo tutti dovrebbero essere uguali, seguendo un pensiero del genere: dovrei avere quello che hai e dovrei ricevere quello ricevi. In una situazione del genere tutti sono allo stesso modo, il mondo è uguale dappertutto.
L’egualitarismo assoluto si riflette nella società in almeno due modi.
Il primo è che quando le persone che non sono ancora “uguali” si sentono insoddisfatte della loro situazione economica: questo stato d’animo aiuta i malfattori a fomentare l’invidia e l’odio. Le persone cominciano a desiderare quello che hanno gli altri e cercano anche di ottenerlo in tutti i modi, anche mezzi impropri o violenti. In casi estremi, distruggono le proprietà altrui e arrivano persino a uccidere, pur di diventare ricchi.
La peggiore manifestazione di queste tendenze è proprio la rivoluzione violenta. Allo scopo di provocare uno stato di insoddisfazione, Marx divide la società in due classi opposte: quella di chi ha la proprietà dei mezzi di produzione e quella di chi non ce l’ha. Nelle campagne, l’opposizione era tra proprietario terriero e contadino; nelle città, tra capitalista e lavoratore.
Il risultato è quello di incitare l’odio di classe e usare i presunti emarginati per portare avanti la rivoluzione violenta con slogan del tipo: “I padroni sono ricchi e i contadini sono poveri: confiscate i loro beni! Perché i padroni sono ricchi? Tutti dovrebbero essere ricchi”. Il Partito Comunista Cinese ha soffiato su questo fuoco, spingendo i contadini a portare avanti una “riforma della terra”, ovvero attaccare i proprietari terrieri, prendersi le loro proprietà e dividersele. Se i proprietari terrieri rifiutavano, venivano uccisi. Il Partito Comunista ha in primo luogo incitato i teppisti a creare il caos; per poi spingere i contadini a ribellarsi e ad attaccare la classe dei proprietari terrieri. In Cina decine di milioni di persone sono state uccise.
Il secondo modo con cui l’egualitarismo assoluto si manifesta è tipico dei gruppi che già hanno raggiunto, nella sostanza, uno “stato di uguaglianza”: quando ci sono dei benefici, tutti ne vogliono una parte. Chiunque abbia modo di distinguersi dagli altri viene messo a tacere e guardato in malo modo. Tutti vengono trattati nella stessa maniera, indipendentemente da chi lavori di più, di meno, o non lavori affatto.
Le persone possono sembrare uguali in superficie, ma sono diverse. Ci sono differenze nella personalità, intelligenza, forza fisica, etica, lavoro, ruolo svolto, livello di istruzione, condizioni di vita, capacità di sopportare le difficoltà e perseverare, spirito d’innovazione e così via.
Di conseguenza, il contributo che ognuno dà alla società è diverso. Perché, dunque, ogni persona dovrebbe arrivare a raggiungere gli stessi risultati? In questo senso la disuguaglianza è invece la vera uguaglianza; mentre l’uguaglianza promossa e diffusa dal Comunismo è la vera disuguaglianza e la vera ingiustizia.
Gli antichi cinesi dicevano che il Cielo premia chi lavora duramente, in base agli sforzi compiuti. Arrivare a un egualitarismo assoluto è impossibile nel mondo reale.
Sotto l’egualitarismo assoluto si ottiene lo stesso risultato sia se si fanno le cose bene che se si fanno male, che si lavori di buona lena o si sia pigri. Sotto la copertura dell’egualitarismo, coloro che sono inattivi ci guadagnano, mentre i capaci e i laboriosi vengono penalizzati, e visti persino con odio e risentimento.
Quando tutti rallentano il proprio ritmo per adeguarsi agli standard della persona più “lenta” quale sarà il risultato? Una società inerte, nella quale le persone attendono che sia qualcun altro a contribuire, attendono di poter mettere le mani su dei vantaggi che non meritano, di guadagnare senza dare niente in cambio, di prendere quello che appartiene agli altri con la scusa di esserne sprovvisto.
La conclusione è un diffuso e persistente declino morale.
L’odio e l’invidia che motivano l’assoluto egualitarismo sono radici velenose, presenti nella visione dell’economia comunista. La natura umana contiene sia il bene che il male.
Nelle fedi occidentali si parla dei sette peccati cardinali, mentre la cultura orientale afferma che l’uomo ha sia la natura di Budda che la natura demoniaca; la prima si manifesta nella bontà, nella capacità di sopportare le sofferenze e nella considerazione degli altri; la seconda, invece, si mostra nell’egoismo, nella pigrizia, nell’invidia, nella malizia, nel saccheggio, nell’odio, nella rabbia, nella lussuria, nella tirannia, nell’indifferenza verso la vita, nell’incitare conflitti, nella diffusione di dicerie, nell’ottenere qualcosa senza dare nulla in cambio e così via.
La visione economica comunista stimola deliberatamente la natura demoniaca e amplifica l’invidia, l’avarizia, la pigrizia e altri fattori malvagi, che provocano la perdita di umanità e l’abbandono dei valori tradizionali millenari. Amplifica il peggio della natura umana e trasforma le persone in rivoluzionari comunisti.
Nel libro Teoria dei sentimenti morali Adam Smith afferma che l’etica è la base della prosperità dell’umanità e l’osservazione delle regole morali «è richiesta per l’esistenza stessa della società umana, che si disintegrerebbe nel nulla se l’umanità non fosse nel complesso caratterizzata dall’osservazione di queste importanti regole di condotta»[13].
Lawrence Kudlow, direttore del Consiglio nazionale economico degli USA, ritiene che la prosperità economica dovrebbe coesistere con l’etica. Kudlow sostiene che se gli Stati Uniti avessero seguito il «principio più importante», ovvero quello di seguire i valori morali su cui l’America è stata fondata, allora lo sviluppo della nazione non avrebbe avuto fine[14].
Le conseguenze negative causate dall’egualitarismo assoluto nei Paesi del mondo non devono sorprendere. L’egualitarismo comunista utilizza l’autorità dello Stato per derubare i cittadini delle loro proprietà e ricchezze. Questo, d’altra parte, rafforza l’autorità e il potere dell’ideologia comunista e al contempo convince le persone che sia loro diritto ottenere qualcosa in cambio di nulla. Questo è precisamente il modo con cui lo Spettro del Comunismo inganna le persone.
a. La promozione dell’egualitarismo economico: una pietra miliare del Comunismo
Sotto l’influenza dell’egualitarismo assoluto, in Occidente molti pretendono quella che viene chiamata “giustizia sociale”, come una leggi che regolino il salario minimo e lo stesso stipendio per lo stesso ruolo, indipendentemente dai risultati raggiunti. Quello che è presente dietro queste richieste è il desiderio di arrivare all’uguaglianza tra le persone, un’idea che nasconde elementi comunisti. Se si agisce incautamente su queste questioni, infatti, si rischia facilmente di ritrovarsi in trappola.
Dal punto di vista comunista, che questi gruppi considerati vulnerabili ottengano l’uguaglianza o meno, o che il loro status sociale migliori o meno, poco importa. Sono semplicemente visti e usati come delle pedine per far crescere il risentimento sociale. Quello che succede è che una volta che i comunisti ottengono quello che avevano chiesto, non passerà molto tempo prima che formulino ulteriori richieste “egualitarie”; scivolando in un processo senza fine.
Se invece non ottengono quello che vogliono, dichiarano una “guerra dell’opinione pubblica”, fanno crescere il risentimento, rafforzano le idee delle persone su quanto sia giusta l’uguaglianza: trasformano queste idee in un potente mezzo per influenzare l’opinione pubblica.
Lo Spettro del Comunismo incita al risentimento in numerosi campi e con numerosi mezzi: arriva un momento in cui tutto questo risentimento esplode, si arriva al caos sociale, forse persino a una rivoluzione violenta. I comunisti riusciranno sempre a individuare gruppi vulnerabili per i quali chiedere alla società una uguaglianza economica, e ripeteranno il processo fino a cercare di raggiungere un’uguaglianza assoluta. Le richieste di questa cosiddetta “giustizia sociale” diventano perciò una pietra miliare del percorso della società verso il Comunismo. I Paesi liberi dell’Occidente sono stati lentamente corrosi dall’ideologia comunista: questa è una semplice realtà sotto i nostri occhi.
Va fatto notare che l’applicazione di queste politiche “egualitarie” porta spesso al risultato opposto a quello inteso: chi doveva essere protetto, subisce invece discriminazione e attacchi. Si prendano per esempio le leggi sullo stipendio minimo. L’obiettivo dovrebbe essere quello di proteggere i diritti dei lavoratori, ma il risultato è che molte aziende smettono semplicemente di assumere perché ne sono economicamente danneggiate. Di conseguenza, ancora più lavoratori perdono il loro posto.
Le abilità personali non possono essere apprese da un giorno all’altro: vi è un continuo processo di miglioramento e affinamento delle competenze relazionali, delle conoscenze del proprio mestiere e dell’etica del lavoro. Il risultato dell’applicazione del salario minimo è che i lavoratori non vengono – come invece sarebbe naturale – formati per poi raggiungere posizioni migliori e quindi dallo stipendio più alto. Questo approccio generalizzato, inoltre, risulta in un intervento eccessivo del governo nell’economia.
Un’altra giustificazione usata per scatenare conflitti sociali è “stessa paga per lo stesso lavoro”. In questo caso i gruppi che incitano al conflitto citano certe statistiche e studi per rimarcare come lo stipendio medio dei maschi neri sia inferiore a quello dei maschi bianchi; e che lo stipendio medio delle donne sia inferiore a quello medio degli uomini. Secondo loro sarebbe la conseguenza del razzismo e del sessismo che permea la società.
In realtà questi confronti non sono appropriati e i risultati sono infatti diversi quando i confronti sono più precisi. Alcune ricerche hanno per esempio scoperto che se si confrontano le famiglie americane di etnia africana — in cui sia marito che la moglie si sono almeno laureati — con delle famiglie di bianchi nella stessa situazione, il reddito delle prime risulta più alto[15]. Tuttavia, il fatto che ci siano meno famiglie di questo tipo tra i neri determina la discrepanza “razziale” che si osserva facendo un confronto generico. Sarebbe necessario, e sintomo di onestà intellettuale, che i paragoni effettuati fossero precisi e appropriati. Con gli elementi comunisti che incitano invece al conflitto e alla discordia, non deve sorprendere che le persone diventino cieche davanti a come la realtà si manifesti.
Il Comunismo non è interessato al benessere dei gruppi considerati “vulnerabili”, ma a far sì che gli slogan di “uguaglianza” che diffonde in lungo e in largo riescano a portano le persone lungo la via del Comunismo stesso, che porta infine alla distruzione.
b. L’impiego dei sindacati per danneggiare le società libere
È noto che il settore manifatturiero negli Stati Uniti sia in questi anni in crisi, con una forte perdita di posti di lavoro. Molti, tuttavia, non comprendono che tra i principali colpevoli vi sono proprio i sindacati, nonostante la loro missione dovrebbe essere quella di aiutare la classe lavoratrice a ottenere dei vantaggi. La realtà ci mostra l’opposto; questo è chiaro se si osserva la storia dei sindacati e come il loro campo di azione sia cambiato nel corso del tempo.
Inizialmente i sindacati erano stati fondati da membri della classe lavoratrice dalle capacità limitate (se non nulle), allo scopo di negoziare con i dirigenti dell’azienda. In qualche modo, il sindacato è in grado di svolgere il ruolo di intermediario, per risolvere i problemi che possono nascere tra lavoratori e imprenditori. Tuttavia, gli elementi comunisti hanno trasformato i sindacati in un mezzo per promuovere i movimenti e le politiche comuniste.
Su questo argomento Friedrich Engels ha scritto: «Inoltre si avvicina rapidamente il tempo in cui la classe lavoratrice avrà compreso che la lotta per stipendi alti e minori ore di lavoro e l’intera azione che i sindacati al momento portano avanti, non costituisce un fine in sé, bensì un mezzo, un mezzo assolutamente necessario ed efficace, ma solo uno dei tanti mezzi verso un fine più alto, che è l’abolizione dell’intero sistema degli stipendi[16]».
Lenin riteneva che la formazione e la legalizzazione dei sindacati fosse un mezzo importante perché la classe lavoratrice ottenesse il comando della rivoluzione democratica, sottraendolo alla classe capitalista. Allo stesso tempo, riteneva che i sindacati sarebbero diventati la colonna portante del partito comunista di ciascun Paese, e una forza chiave nella lotta di classe. Lenin propose che i sindacati diventassero «una scuola di Comunismo» e un anello tra il partito comunista e le masse. Il lavoro giornaliero dei sindacati sarebbe diventato quello di convincere le masse e di portarle a passare dal Capitalismo al Comunismo: «I sindacati sono un ‘serbatoio’ del potere statale[17]».
Dalla metà del XIX secolo in poi, le forze comuniste e di sinistra hanno utilizzato i sindacati per incitare i lavoratori a organizzare scioperi su larga scala, a formulare richieste pressanti in termini monetari e persino ad agire con violenza arrivando alla distruzione di macchinari e fabbriche. I sindacati sono diventati una potente arma dei comunisti per combattere il Capitalismo e portare avanti la lotta politica, diffondendo il caos nel mondo.
Ottobre 1905: in Russia oltre un milione e 700 mila lavoratori hanno partecipato a uno sciopero politico in tutta la nazione e paralizzato l’economia del Paese. Durante questo periodo si è formato il Soviet di Pietrogrado, un’organizzazione sindacale ancora più aggressiva. Lenin lo definì come il germoglio di un governo rivoluzionario e riteneva che, una volta sbocciato, sarebbe diventato il centro politico della Russia. In altre parole, il regime sovietico nato con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, è stato concepito dal sindacato[18].
I sindacati nei Paesi occidentali presentano ampie infiltrazioni di elementi comunisti. In teoria lavoratori e imprenditori dovrebbero formare una simbiosi, mentre lo Spettro del Comunismo lavora per provocare e intensificare i conflitti tra le due parti: i sindacati sono uno strumenti naturale per arrivare a questo scopo. Vengono impiegati per rendere conflittuale il processo di negoziazione tra direzione e personale, fino ad arrivare alla lotta tra classi diverse. Razionalizzano e intensificano il lato conflittuale della relazione e lo usano per legittimare la propria esistenza. Di lì in poi, i sindacati infiammano i malumori e le insoddisfazioni dei lavoratori, incolpando gli imprenditori di qualsiasi cosa. Così facendo provocano conflitti che saranno poi chiamati a mediare, è anche uno dei metodi che i sindacati utilizzano per garantire la propria esistenza.
I sindacati riescono a portare dei vantaggi ai lavoratori, ma si tratta di qualcosa che funziona nel breve periodo. Dal punto di vista degli eventi economici di lungo termine, le principali vittime dei movimenti sindacali — guidati dagli elementi comunisti — sono proprio i membri della classe operaia: quando le aziende soffrono, o chiudono, il danno maggiore è subìto dai lavoratori, che perdono il posto e di che vivere. In superficie, i sindacati lottano per l’interesse dei lavoratori, ma di fatto danneggiano la competitività industriale.
Ci sono due ragioni per questo: la prima è che con il pretesto di proteggere i diritti e gli interessi dei lavoratori, i sindacati rendono difficile, se non impossibile, per le imprese licenziare gli impiegati che hanno dimostrato di non essere produttivi. Questo elemento incoraggia la negligenza e l’apatia: non solo è ingiusto per gli impiegati che lavorano diligentemente, ma tende a rendere quest’ultimi meno proattivi. Il fattore più importante nella crescita di una compagnia sono le persone che vi lavorano, ma lo scudo del sindacato, proteggendo gli impiegati che non sono all’altezza del compito richiesto, causa all’azienda la perdita di produttività.
La seconda ragione è che con il pretesto di proteggere il welfare dei lavoratori (come la pensioni, l’assicurazione sanitaria ecc ) i sindacati fanno crescere costantemente i costi per le imprese. Il risultato finale è che le aziende sono costrette a ridurre gli investimenti, come ad esempio nel settore di ricerca e sviluppo, e quindi la propria competitività.
Altra conseguenza è che le aziende si ritrovano a dover aumentare i prezzi dei prodotti, cosa che danneggia i consumatori finali. Vari studi sull’industria automobilistica mostrano che questo è il motivo per cui le aziende senza sindacati, come Toyota e Honda, hanno prodotto auto di alta qualità a costi più bassi; mentre le aziende automobilistiche americane con base a Detroit, con potenti sindacati al loro interno, sono diventate sempre meno competitive[19].
Edwin Feulner è stato uno dei fondatori della American Heritage Foundation, tra i maggiori think tank conservativi negli Stati Uniti. Feulner ha così commentato il ruolo dei sindacati: «Sono diventati una palla al piede: rendono l’azienda meno flessibile, più lenta e meno capace di reagire alle domande di un mercato che cambia costantemente[20]».
Tutto questo è aggravato dal fatto che i sindacati hanno di fatto raggiunto una posizione di monopolio nelle trattative tra lavoratori e aziende: alcune richieste da loro effettuate sono irragionevoli ed estremamente rigide. Le imprese che non accolgono le richieste dei sindacati diventano un bersaglio: i sindacati danno il via alla “lotta” — include scioperi e proteste — il che danneggia ulteriormente l’economia nel suo complesso.
La United Automobile Workers è un grande sindacato americano che rappresenta i lavoratori del settore automobilistico. Prima della crisi finanziaria del 2008, il sindacato richiese alle aziende di pagare 70 dollari all’ora agli operai, tra stipendi e benefit, cosa che ha portato il settore della produzione di automobili statunitense quasi alla bancarotta[21].
Fino al 2017 le opportunità di lavoro nel settore manifatturiero erano in forte calo negli Stati Uniti ma molti non sanno che i sindacati sono stati tra i maggiori responsabili di questo fenomeno. La tendenza si è invertita con l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti: a fine 2018 è stato registrato un massiccio aumento dei lavori nell’industria: 284 mila nuovi posti, miglior risultato dal 1997
Secondo la Heritage Foundation, i posti di lavoro del settore manifatturiero, riguardo alle aziende con una forte presenza sindacale, sono scesi del 75 per cento tra il 1977 e il 2008; mentre le aziende manifatturiere prive di sindacati hanno visto aumentare gli occupati del 6 per cento.
La situazione al di fuori del settore manifatturiero è simile. Si prenda ad esempio l’immobiliare: «Diversamente dal settore manifatturiero, il settore immobiliare è cresciuto considerevolmente dalla fine degli anni ’70. Tuttavia, nel complesso, la crescita è avvenuta esclusivamente per i posti di lavoro in aziende senza sindacati: dal 1977 vi è stata una crescita del 159 per cento[22]».
I sindacati sono strumenti impiegati dagli elementi comunisti per promuovere l’egualitarismo nelle imprese. A questo riguardo, la Heritage Foundation fa notare una richiesta dei sindacati: le aziende devono aggiustare gli stipendi in rapporto all’anzianità di servizio dell’impiegato (come avviene nei Paesi socialisti) Il contributo di ogni singolo lavoratore, in rapporto ai risultati raggiunti dall’azienda, non è tenuto in considerazione. «Gli accordi contrattuali raggiunti dai sindacati portano a comprimere i salari. I lavoratori più produttivi vengono penalizzati, quelli meno competenti vedono il loro stipendio aumentare[23]».
Quanto sopra esposto è una applicazione della teoria dell’egualitarismo assoluto, attuata nei Paesi comunisti: ovvero la ridistribuzione della ricchezza tra gli impiegati di una stessa impresa. Interferire nel processo decisionale interno delle aziende, e portare avanti un monopolio del mercato del lavoro, sono entrambi fattori che indeboliscono il libero mercato.
I sindacati difendono aggressivamente quello che a loro dire sarebbe il benessere dei lavoratori, ma il risultato finale è che alcuni lavoratori ci guadagnano a spese di altri: questo crea un peso aggiuntivo alle singole imprese e per l’economia nel complesso. Un sondaggio condotto nel 2005 ha mostrato che «la maggior parte delle famiglie che hanno un membro appartenente a un sindacato, ha un’opinione negativa dei sindacati americani» e che «la principale ragione dell’opinione negativa non viene mai discussa apertamente sui mezzi di informazione del sindacato, né affrontata nelle assemblee del sindacato[24]».
I lavoratori davvero diligenti sono diventati delle vittime degli elementi comunisti, mentro lo Spettro del Comunismo ne è uscito come principale vincitore. A livello fondamentale, i comunisti usano i sindacati per distruggere l’economia libera capitalista, per sovvertire il sistema capitalista e per danneggiare il normale corso di esistenza degli esseri umani. Il tutto avviene in maniera graduale, passo dopo passo.
I sindacati, infiltrati dai comunisti e guidati dal movimento progressista, si sono evoluti in un gruppo portatore di particolari interessi, simile a un’enorme società privata con fine di lucro e fortemente corrotta, la cui leadership detiene forti interessi nell’impresa stessa[25].
Nei Paesi democratici, i sindacati sono diventati in gran parte uno strumento impiegato dagli esponenti della Sinistra per combattere il Capitalismo. Chiedono con forza “giustizia sociale” ed “equità”, il che porta all’imposizione di un grosso peso sulla società e sull’industria, costituito dagli aiuti sociali. I sindacati diventano un ostacolo alle riforme e ai tentativi di migliorare l’efficienza della produzione, dei servizi e dell’educazione, così come del governo. Quando le condizioni non sono ideali si nascondono, ma quando diventano favorevoli escono fuori e mobilitano vari gruppi sociali per promuovere i loro fini. I sindacati sono quindi diventati un cuneo che il Comunismo utilizza per aprirsi un varco all’interno delle società libere.
7. Gli “ideali” comunisti portano in tentazione le persone, fino a distruggerle
Nonostante la teoria comunista sia piena di mancanze e contraddizioni, in molti ne sono ancora ingannati. Il motivo è il sogno descritto da Marx: raggiungere un paradiso comunista all’interno del quale tutti avrebbero avuto una vita felice, questa è la principale illusione alla quale le persone tendono a credere.
Tra le fantasie che dovrebbero popolare il paradiso di Marx troviamo: una incredibile abbondanza materiale, alti standard morali, il classico «da ciascuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni», l’assenza della proprietà privata, nessuna differenza tra ricchi e poveri, nessuna classe dominante, nessuno sfruttamento, libertà e uguaglianza per tutti, piene possibilità di sviluppare i propri talenti. Sembra proprio una vita meravigliosa. Cosa può andare storto?
Questa illusione ha ingannato e spinto generazioni a combattere per arrivare a vivere “il sogno”. La maggior parte degli occidentali al giorno d’oggi, non hanno toccato con mano la tragica esperienza di vivere in uno Stato totalitario comunista. Per questo continuano a conservare l’illusoria speranza di poter raggiungere il paradiso comunista; soffiano quindi sul fuoco dell’ideologia socialista, sostenendo il Comunismo.
Tuttavia, ogni singola idea proposta da Marx è una pura illusione.
Il Marxismo sostiene che in una società comunista si può godere di una sovrabbondanza di beni materiali. Il problema, però, è che i desideri umani non hanno fine. Ci sono dei limiti all’interno dei quali l’essere umano si trova a vivere: la conoscenza limitata del mondo che lo circonda, le risorse naturali finite, le ore di veglia e di sonno, le capacità fisiche di ognuno e via così. È inevitabile che persone diverse debbano affrontare privazioni e mancanze diverse. Questo è il punto di partenza più basilare di tutti gli studi economici.
Se queste limitazioni non ci fossero, non ci sarebbe bisogno di studiare e scegliere quale possa essere il metodo di produzione più efficiente: questa fantomatica “sovrabbondanza” potrebbe soddisfare, in modo “naturale”, i bisogni di tutti, e potrebbe essere sperperata a volontà.
Il Marxismo sostiene inoltre che in una società comunista si avrebbe un netto miglioramento dei valori morali presenti nella società. Tuttavia, in ogni persona esistono sia fattori positivi che fattori negativi: il miglioramento dell’etica di una persona richiede di seguire valori corretti, e di impegnarsi nel miglioramento di sé stessi sulla base di essi. Quello che il Marxismo invece sostiene è l’ateismo e la lotta di classe, che alimentano il lato malvagio dell’uomo.
Sotto il Comunismo le persone non hanno libertà di credo e la religione viene unicamente preservata come strumento politico del partito comunista: le sue istituzioni vengono sfruttate per salvaguardare la tirannia, per portare fuori strada le persone del mondo, per resistere e opporsi a Dio e per portare le persone sempre più lontano da Dio. Senza una retta fede in Dio — e senza l’autodisciplina che ne deriva — il livello morale delle persone può solo scendere più in basso. Non deve sorprendere che tutti i leader comunisti siano stati dei tiranno arroganti, volgari e completamente immorali. Aspettarsi che i seguaci di questi tiranni migliorino notevolmente il proprio livello morale è un controsenso.
Il Marxismo attira le persone con l’illusione dell’uguaglianza Eppure per poter garantire la ridistribuzione delle risorse raccolte e prodotte è necessario controllarne strettamente il processo; la distribuzione del potere sotto il totalitarismo è ingiusta al massimo grado. Di conseguenza, la distribuzione delle risorse sotto il totalitarismo sarà anch’essa ingiusta al grado massimo. In tutti i Paesi in cui vi è o vi è stato un governo di stampo socialista, si può osservare la formazione di una casta di privilegiati, grandi differenze tra ricchi e poveri e la repressione delle persone da parte dello Stato.
Il Marxismo inganna con la promessa di «da ciascuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni[26]». Tuttavia, le economie socialiste sono legate al potere: il cittadino comune non gode delle libertà più basilari, per non parlare della possibilità di agire secondo le proprie volontà e capacità. Dato che i desideri umani sono senza fine, nemmeno la persona più ricca sulla Terra potrà mai avere tutto quello che vuole; per non parlare di una persona media. È impossibile raggiungere una sovrabbondanza di beni, data la naturale scarsità di risorse, per non parlare poi di quanto sia difficile mettere in pratica una distribuzione”equa” delle risorse, a chiunque ne abbia bisogno.
Lo Spettro del Comunismo inganna le persone promettendo che ogni membro della società potrà sviluppare ed esprimere in pieno le sue capacità. Il Marxismo afferma che la divisione del lavoro crea alienazione, ma di fatto la divisione del lavoro è necessaria in ogni società.
Nel trattato La ricchezza delle nazioni Adam Smith sostiene che la divisione del lavoro possa aumentare fortemente la produttività e promuovere la prosperità. Le differenze create da questa ripartizione delle capacità non portano necessariamente allo scoppio di conflitti, né devono per forza produrre alienazione e depersonalizzazione. Le persone di qualsiasi classe sociale possono migliorare il proprio livello morale, contribuire alla società in modo positivo, ed essere felici.
La visione economica comunista è immorale. I danni che provoca sono già stati osservati nei Paesi socialisti e comunisti, così come anche nelle varie forme di economia comunista camuffata, che si trovano in Occidente. Il Comunismo crea inevitabilmente una tirannia totalitaria, povertà e fame. I suoi fattori ingigantiscono inevitabilmente la parte malvagia della natura umana, e danneggiano l’etica presente nella società. È la controcultura peggiore e più malvagia nella Storia umana.
Guardando agli eventi storici accaduti negli ultimi 100 anni circa, il Comunismo ha mostrato una cruda realtà: incitamento all’odio, uccisioni di massa, malvagità. Tutti i Paesi totalitari comunisti hanno portato a uccisioni crudeli e genocidi, e concesso ai cittadini i livelli più bassi di libertà e diritti umani. Mentre le risorse vengono esaurite per scopi militari, le proprietà del popolo vengono requisite da una classe privilegiata e potente; la maggior parte della popolazione è in uno stato di miseria.
Lo Spettro del Comunismo non solo uccide le persone fisicamente, ma annienta i valori tradizionali e la cultura presente nel Paese, causando perdite gigantesche e non rimediabili.
Gli standard morali sono già crollati a un terribile livello, toccando un fondo che è persino difficile da immaginare, in particolare nella Cina comunista: il prelievo forzato degli organi da persone ancora in vita — tra le quali praticanti del Falun Gong, uiguri e cristiani — è diventata una remunerativa operazione commerciale, portata avanti dagli apparati statali cinesi.
Lo Spettro del Comunismo ha trasformato gli umani in mostri: i medici, che dovrebbero aiutare i malati, sono diventati degli assassini senza anima, mentre i Paesi che dovrebbero sostenere i diritti umani vengono convinti a chiudere un occhio, spinti da “incentivi” economici.
Nello scorso secolo, i comunisti hanno utilizzato gli insegnamenti originali del Comunismo per attrarre le masse proletarie, gli intellettuali e i più giovani.
Dopo il crollo dei regimi comunisti dell’Europa dell’Est, i Paesi nei quali lo Spettro del Comunismo controlla il governo direttamente hanno cambiato forma, cambiando l’immagine del Comunismo violento che li aveva contraddistinti.
Tali Paesi hanno invece assorbito ed rielaborati elementi del sistema economico capitalista, cambiando il pelo ma non il vizio. I regimi comunisti hanno in essere un sistema con tassazione asfissiante, un forte sistema di sussidi sociali e la redistribuzione della ricchezza.
Affermano di lavorare per migliorare gli standard di vita della popolazione, ripetendo la storiella che tutti quanti godranno dei frutti del “vero” Socialismo. L’inganno va avanti sotto un’altra forma.
Il Comunismo si fa strada nel cuore delle persone sfruttando il desiderio umano di ricercare il bene. L’individuo che apre il suo cuore agli elementi dello Spettro si trasforma a poco a poco in un fanatico religioso, seguendo la dottrina comunista. Lo Spettro utilizza il desiderio di perseguire il bene per allontanare le persone da Dio. Inquina la mente delle persone, rafforza la loro parte malvagia e le porta a commettere tutti i tipi di crimini. Le persone vengono spinte nel vortice del “piacere” materiale, rifiutando di conseguenza aspirazioni più elevate e nobili, legate allo scopo più alto della vita umana. Lo Spettro del Comunismo chiede alle persone di sputare sangue e dedicare la loro vita per gli “ideali” della bandiera rossa; ma in cambio la loro anima viene avvelenata e il loro corpo fisico viene ucciso.
Conclusione: prosperità e pace possono essere raggiunte solo grazie a una moralità elevata
Prosperità e pace possono essere ottenute solo grazie ai valori morali. È naturale che gli esseri umani cerchino di raggiungere la felicità. Un’economia prospera può portare benessere, ma il settore economico non è un mondo isolato: sul sentiero di sviluppo economico, deviare dai valori etici e dalla morale, porterà allo scoppio di crisi. Una società che sia solo ricca è incapace di portare gioia e felicità alla popolazione, la prosperità materiale durerà poco. Quando i fondamenti etici e morali crollano, il risultato può essere disastroso.
Nel 2010, il giornale cinese Quotidiano del Popolo — organo di stampa del PPCC — ha affermato che nonostante i balzi in avanti nello sviluppo economico, in Cina l’Indice di felicità nazionale ha continuato a scendere anno dopo anno. La seconda più grande economia del pianeta è infatti infestata dalla corruzione, dall’inquinamento e dai continui scandali alimentari: tutti elementi che hanno reso i cittadini cinesi molto insicuri sulla qualità della propria vita e sul futuro. In questo caso, sebbene la ricchezza pro capite possa essere aumentata, si può affermare che il livello morale della società e la felicità dei cittadini sono diminuiti.
Quanto detto è il riflesso di uno dei difetti più disastrosi del Comunismo: considerare gli umani come se fossero fatti solo di carne e ossa. Ma la mente e lo spirito sono molto più importanti. Prima che una persona venga al mondo, Dio ha già creato il sentiero da intraprendere durante la sua vita.
I cinesi hanno un detto sul senso di destino: “non c’è sorso, non c’è morso, che non sia predestinato!” Allo stesso modo in Occidente i credenti pregano prima di mangiare, per ringraziare la provvidenza divina. Chi ha fede comprende che la ricchezza è una grazia concessa da Dio, il che aiuta a mantenere un cuore umile e grato; la persona si sentirà quindi appagata e felice.
Tra i passeggeri del Titanic vi era il milionario John Jacob Astor IV. Era talmente ricco che si dice avrebbe potuto far costruire altre 30 navi come quella sulla quale viaggiava, diretta verso il disastro. Davanti alla morte, ha scelto di fare quello che riteneva moralmente corretto: ha protetto donne e bambini e ha lasciato il suo posto su una scialuppa a due bambini terrorizzati[27].
Stessa situazione per il milionario Isidor Straus, anche lui morto sul Titanic, rifiutò un posto su una scialuppa dicendo «Non prenderò un posto prima degli altri uomini». Sua moglie Ida non lo lasciò, diede il suo posto sulla scialuppa alla loro domestica, dicendo «Non voglio separarmi da mio marito. Come abbiamo vissuto insieme, così moriremo, insieme[28].»
Persone di grande ricchezza hanno scelto di attribuire maggiore importanza ai valori tradizionali e alla loro fede, piuttosto che utilizzare l’opportunità di salvare sé stessi e le proprie ricchezze materiale. La loro scelta, basata su un senso etica e di giustizia, è una manifestazione della meraviglia che è la civiltà umana e della natura umana: un carattere nobile è ancora più importante della vita, la quale è a sua volta più importante della ricchezza.
Il signor Li Hongzhi, fondatore della Falun Dafa, ha scritto, nell’articolo Ricchezza e virtù:
«Portare la ricchezza alla popolazione è il dovere di governanti e amministratori, ma promuovere la venerazione del denaro è la peggiore azione che si possa compiere. La ricchezza senza la virtù danneggerà tutti gli esseri senzienti, mentre la ricchezza con la virtù è ciò che sperano tutte le persone. Perciò, uno non può avere la ricchezza senza promuovere la virtù.
La virtù è stata accumulata nelle vite precedenti. Diventare un re, un ufficiale, un ricco o un nobile, tutto proviene dalla virtù. Nessuna virtù, nessun guadagno; la perdita della virtù significa proprio la perdita di ogni cosa. Perciò, quelli che cercano il potere e la ricchezza devono prima accumulare la virtù; soffrendo avversità e compiendo buone azioni, si può accumulare tanta virtù. Per questo, si deve comprendere il principio di causa/effetto. La conoscenza di questo principio può mettere in grado i governanti e la popolazione di esercitare l’autocontrollo; la prosperità e la pace prevarranno allora sotto il cielo[29]».
Quando gli esseri umani riescono a mantenere i valori menzionati qui sopra nel gestire la loro ricchezza e la loro vita, i problemi economici innescati dall’avarizia, dalla pigrizia e dalla gelosia umana verranno ridotti considerevolmente. Quando l’umanità riesce a trattenere i propri desideri egoistici, l’ideologia dello Spettro del Comunismo non sarà più capace di indurre in tentazione il cuore delle persone.
Sarà allora che Dio porterà benedizione agli esseri umani, a coloro che avranno standard morali elevati. Di conseguenza, per l’umanità verrà realizzata un’economia ideale: ricchezza per il mondo, calma nei cuori e pace nella società.
Lo Spettro del Comunismo ha messo in atto piani intricati per distruggere l’Umanità: l’aspetto economico ne è solo una parte. Per liberarci dal controllo degli “ideali” comunisti è necessario esporre questa cospirazione nella sua interezza, essere chiari sui messaggi volti a indurre in tentazioni e smettere di riporre alcun tipo di speranza in questa ideologia fallimentare.
È anche necessario riportare in auge i valori tradizionali, l’etica e la virtù. In questo modo, l’Umanità potrà ottenere una prosperità e una felicità di lunga durata, oltre che una vera pace sociale. Solo allora la civiltà umana potrà irradiare una nuova vitalità.
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Note bibliografiche
[1] “La dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti”, http://www.ushistory.org/declaration/document/.
[2] Karl Marx e Friedrich Engels, “Manifesto del Partito Comunista”, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/mpc-2c.htm.
[3] Fred Schwartz e David A. Noebel, You Can Trust the Communists… to Be Communists (Socialists and Progressives too) (Manitou Springs, CO: Christian Anti-Communism Crusade, 2010), 43–45.
[4] Friedrich Hayek, The Fatal Conceit: The Errors of Socialism (Routledge, Agosto 2013).
[5] Thomas Sowell, Intellectuals and Society, Revised and Expanded Edition (New York: Basic Books, 2012), Capitolo 2.
[6] F. A. Hayek. “The Use of Knowledge in Society”, The American Economic Review, Vol. 35, No. 4. (settembre 1945), 519–530.
[7] Ludwig von Mises. “Economic Calculation in the Socialist Commonwealth”, Mises Institute. Consultato il 26 luglio 2018 https://mises.org/library/economic-calculation-socialist-commonwealth.
[8] Shi Shan. “Quagmire in the Reform of China’s State-Owned Enterprises”, Radio Free Asia, 22 settembre 2015, https://www.rfa.org/mandarin/yataibaodao/jingmao/xql-09222015103826.html.
[9] Linette Lopez, “Zombie Companies Are Holding China’s Economy Hostage”, Business Insider, 24 maggio 2016 https://www.businessinsider.com/chinas-economy-is-being-held-hostage-2016-5.
[10] Jason Long, “The Surprising Social Mobility of Victorian Britain”, European Review of Economic History, Volume 17, Issue 1, 1 febbraio 2013, 1-23, https://doi.org/10.1093/ereh/hes020.
[11] John Kenneth Galbraith, The Good Society: The Humane Agenda (Boston, MA: Houghton Mifflin Co., 1996), 59–60; Karl Popper, The Open Society and Its Enemies (Routledge, 2012).
[12] Michael Rothschild, Bionomics: Economy as Business Ecosystem (Washington, D.C.: BeardBooks, 1990), 115.
[13] Adam Smith, The Theory of Moral Sentiments (Philadelphia: Anthony Finley, J. Maxwell Printer, 1817).
[14] Lawrence Kudlow, American Abundance: The New Economic and Moral Prosperity (New York: Harper Collins Publishers, 1997).
[15] Thomas Sowell, Economic Facts and Fallacies (New York: Basic Books, 2008), 174.
[16] Friedrich Engels, “1881: Trades Unions,” Marxists.org, 20 maggio 1881, https://www.marxists.org/archive/marx/works/1881/05/28.htm.
[17] Vladimir Lenin, n.d., “The Trade Unions, The Present Situation and Trotsky’s Mistakes” Consultato l’8 luglio 2018, https://www.marxists.org/archive/lenin/works/1920/dec/30.htm.
[18] Lü Jiamin, “A History of Leninist Theory on Unions”, Liaoning People’s Press (1987).
[19] James Sherk, “What Unions Do: How Labor Unions Affect Jobs and the Economy”, sito della Heritage Foundation, 21 maggio 2009, https://www.heritage.org/jobs-and-labor/report/what-unions-do-how-labor-unions-affect-jobs-and-the-economy.
[20] Edwin J. Feulner, “Taking Down Twinkies”, sito della Heritage Foundation, 19 novembre 2012, https://www.heritage.org/jobs-and-labor/commentary/taking-down-twinkies.
[21] James Sherk, “What Unions Do: How Labor Unions Affect Jobs and the Economy”, sito della Heritage Foundation, 21 maggio 2009, https://www.heritage.org/jobs-and-labor/report/what-unions-do-how-labor-unions-affect-jobs-and-the-economy.
[22] Ibid.
[23] Sherk (2009) Ibid.
[24] Steve Inskeep, “Solidarity for Sale: Corruption in Labor Unions”, National Public Radio, 6 febbraio 2007, https://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=5181842.
[25] Ibid.
[26] Karl Marx, “Critica del programma di Gotha”, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1875/gotha/cpg-cp.htm.
[27] Children on the Titanic (documentario, 2014).
[28] Isidor Straus, Autobiography of Isidor Straus (The Straus Historical Society, 2011), 168–176.
[29] Li Hongzhi, “Ricchezza e Virtù”, Elementi essenziali per un ulteriore avanzamento, 27 gennaio 1995, http://it.falundafa.org/imported/92Essenziali-I/Essenziale-1-2017.pdf.