Capitolo 3: Le uccisioni di massa in Oriente
Indice dei contenuti
Introduzione
1. Il Comunismo si fonda sulla violenza
a. L’ascesa dei comunisti sovietici
b. La conquista del potere da parte del Partito Comunista Cinese
2. Il massacro della classe operaia
a. La repressione degli operai e dei contadini sovietici
b. Seguire il modello sovietico
3. La disumanità dei regimi comunisti
a. Le atrocità perpetrate dal comunismo sovietico
• I gulag, l’ispirazione per i campi di sterminio di Hitler
• I massacri per fame
• Il Grande Terrore contro la classe dirigente sovietica
b. Le atrocità del Partito Comunista Cinese
• La Grande Carestia in Cina
• La Grande rivoluzione culturale: massacro fanatico e genocidio culturale
• Una malvagità senza precedenti nella Storia: la persecuzione del Falun Gong
4. Esportare il Terrore Rosso
Note bibliografiche
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Introduzione
Secondo i documenti redatti dal Congresso degli Stati Uniti d’America, i regimi comunisti sono colpevoli della morte di almeno 100 milioni di persone[1]. La raccolta di saggi presente nell’opera Il libro nero del Comunismo riporta nei dettagli oltre un secolo di storia di massacri in tutto il mondo[2].
Dai documenti declassificati dai governi dei Paesi dell’ex blocco sovietico e dell’Europa dell’est, così come dai documenti ufficiali delle vittime delle campagne politiche comuniste in Cina e Corea del Nord, il mondo ha ormai una idea chiara della necessità, quasi una assuefazione, dei regimi comunisti di imporsi a suon di massacri e uccisioni di massa.
Il totalitarismo comunista è stato spesso paragonato a quello nazista. Nonostante, da una parte, siano riscontrabili numerose somiglianze, dall’altra esiste una differenza fondamentale sempre trascurata: i genocidi nazisti, atroci ed inumani, erano finalizzati all’eliminazione dei corpi fisici di certi gruppi di persone, in primis gli ebrei. Lo scopo del Comunismo va ben oltre la soppressione materiale.
L’obiettivo del Comunismo, infatti, non è “solo” quello di uccidere, ossia di distruggere i corpi degli individui: il fine ultimo dello Spettro è la distruzione dell’anima delle persone. Chiunque abbia una fede religiosa, crede che la morte del corpo non sia la vera morte: a seconda delle religioni, si crede che l’anima vada in paradiso oppure torni a nascere nel corso del ciclo delle reincarnazioni. I regimi comunisti uccidono allo scopo di instillare paura nelle menti delle persone per costringerle ad accettare la sua malvagia ideologia; inoltre, attraverso la distruzione della moralità, rendono l’anima incapace di ascendere al Cielo, l’unico destino è quindi la dannazione.
Un’ulteriore caratteristica, presente in ogni regime comunista, è l’intensità con cui impone costanti purghe interne, così da selezionare i membri più crudeli del partito come leader; si tratta di un fattore cardine per comprendere le cause delle smisurate barbarie, usate dai partiti comunisti, nei confronti dei propri membri e funzionari che abbiano anche solo deviato dalle direttive del Partito su di un specifico problema, pur rimanendo totalmente fedeli al Partito ed ai suoi capi riguardo a tutto il resto.
Ogni partito comunista per via della sua ribellione contro Dio e l’Umanità, vive costantemente in uno stato di terrore inconscio che la sua totale distruzione sia imminente. Per rimanere al potere, quindi, un regime comunista è costretto a reclutare nelle proprie fila individui senza scrupoli e del tutto privi di moralità e di capacità di discernimento tra Bene e Male. Simili personaggi si distinguono nella realizzazione delle uccisioni di massa, funzionali al “sostentamento” del partito, crescendo così di livello nei quadri del partito stesso e permettendo allo Spettro di vedere assicurata la perpetuazione del suo potere tirannico sulla Terra.
Esempio emblematico di tutto questo è il massacro di Piazza Tienanmen nel 1989 a Pechino: i funzionari del Partito Comunista Cinese che avevano rifiutato di rendersi complici della strage di innocenti del 4 giugno furono epurati. Jiang Zemin, avendo dimostrato il livello di crudeltà di cui era capace durante gli stessi eventi, venne promosso a capo del PCC.
Sempre Jiang Zemin, nel 1999, ordinò l’inizio di una persecuzione di inaudite ferocia, crudeltà e spietatezza contro i praticanti della disciplina spirituale del Falun Gong. In seguito promosse ai vertici del partito Luo Gan e Zhou Yongkang: nel corso della persecuzione avevano dimostrato la capacità di commettere i crimini più efferati.
Un’ulteriore motivazione dietro la sete di uccidere del Comunismo, è che rende possibile “reclutare” partecipanti dalla società comune, come successo durante la Grande rivoluzione culturale di Mao Zedong, tra il 1966 ed il 1976. Commettendo omicidi e altri crimini, le masse divennero complici delle barbarie del regime, con gli individui più brutali che divennero i più devoti seguaci del PCC.
Ancora oggi numerose ex Guardie rosse di Mao – individui colpevoli di numerosissimi pestaggi e omicidi durante la Grande rivoluzione culturale – non esprimono il minimo rimorso né pentimento per i propri crimini.
Non ultimo, quando un regime comunista massacra pubblicamente e deliberatamente la popolazione, instaura un clima di terrore ideale per sottomettere e costringere all’obbedienza la popolazione.
Tutti questi argomenti portano all’evidenza un principio generale: nel corso della Storia, le stragi si sono verificate sotto i governi tirannici o durante le guerre poiché vi erano dei “nemici” da sconfiggere. Quella di avere un “nemico” da sconfiggere, è una caratteristica fondamentale di ogni partito comunista; quando non ve ne è alcuno, il partito non si fa problemi a inventarlo, pur di continuare ad uccidere.
In una nazione come la Cina, con la sua Storia millenaria e una cultura straordinariamente ricca, il PCC non avrebbe potuto realizzare i propri obiettivi senza continuare ad uccidere. Nella cultura tradizionale cinese (prima che venisse distrutta dal Maoismo) la credenza e il rispetto del divino erano elementi importanti. Immerso in un’eredità culturale di 5 mila anni, il popolo cinese non avrebbe mai accettato l’esistenza di un’organizzazione barbarica e blasfema come il Partito Comunista Cinese senza una spietata e tirannica imposizione violenta. Un “sistema di governo” che i comunisti cinesi hanno a suo tempo importato direttamente dal laboratorio politico dell’Unione Sovietica.
1. Il Comunismo si fonda sulla violenza
A seguito del proclama di Karl Marx — «Uno spettro si aggira per l’Europa: lo Spettro del comunismo» — nel 1871 bande di teppisti, delinquenti e criminali di ogni genere istituirono la Comune di Parigi, devastando la città e realizzando un’opera di distruzione su larga scala ai danni delle inestimabili opere d’arte e di ogni manifestazione di cultura allora presenti nella capitale francese.
In Russia nel 1917 ed in Cina nel 1949 il Partito Comunista dell’Unione Sovietica ed il Partito Comunista Cinese, a loro volta si appropriarono del potere, seminando violenza e morte.
a. L’ascesa dei comunisti sovietici
Nel febbraio del 1917, mentre tutta l’Europa era flagellata dalla Prima guerra mondiale, la scarsità di derrate alimentari ed il peggioramento delle condizioni di lavoro portarono gli operai delle industrie russe a scioperare. Quando i tumulti si diffusero in tutta la Russia, lo Zar Nicola II abdicò, e venne formato un governo provvisorio. Appresa la notizia Vladimir Lenin tornò immediatamente in patria dal suo esilio in Svizzera.
A tal proposito, nel 2007 il periodico tedesco Der Spiegel ha rivelato un retroscena tenuto segreto per 90 anni: l’imperatore di Germania e re di Prussia Guglielmo II (“Il Kaiser”), considerando la Russia una grave minaccia nel quadro del conflitto mondiale ed intuendo l’effetto dirompente di un ritorno di Lenin in patria, permise a quest’ultimo di attraversare Germania, Svezia e Finlandia per ritornare in Russia, fornendogli in seguito anche denaro e munizioni (nel 1917 Lenin ricevette dalla Germania un totale di 2 milioni e 600 mila di marchi)[3].
Winston Churchill, riguardo al ruolo della Germania sul ritorno di Lenin commentò: «Hanno usato l’arma più letale per la Russia: hanno rispedito indietro Lenin in un camion sigillato, come fosse il virus della peste da diffondere in Russia»[4].
Il 7 novembre 1917 (il 25 ottobre, secondo il Calendario giuliano) Lenin guidò il colpo di Stato: la Rivoluzione di Ottobre rovesciò il governo provvisorio e portò al potere il primo regime comunista della Storia. Alle elezioni per l’Assemblea costituente russa, il Partito Socialista Rivoluzionario ottenne più voti del Partito Bolscevico di Lenin, che però controllava l’amministrazione governativa: su un elettorato di 44,4 milioni di persone, il 40 per cento aveva votato per i socialisti; i bolscevichi avevano perso con un margine del 20 per cento.
Dopo questo battuta d’arresto, nel corso della seduta dell’Assemblea del 5 gennaio 1918, Lenin non tenne fede all’impegno precedentemente assunto di collaborare con i socialisti e dichiarò l’Assemblea stessa «nemica del popolo».
Avendo preparato in anticipo il colpo di Stato, impose il giorno stesso la legge marziale, mentre i suoi bolscevichi mobilitavano i soldati e scioglievano con la forza l’Assemblea Costituente, stroncando immediatamente la nascita del processo democratico in Russia
La Rivoluzione d’Ottobre e la successiva presa del potere dei leninisti, rappresentano l’origine e la causa scatenante di tutti i successivi movimenti e regimi comunisti apparsi nel mondo nel corso del XX secolo.
b. La conquista del potere da parte del Partito Comunista Cinese
In seguito alla creazione dell’Unione Sovietica, i comunisti russi esportarono la rivoluzione in Cina, sulla base del fatto che la Repubblica di Cina aveva partecipato alla Terza Internazionale Comunista (altrimenti nota come Comintern).
I bolscevichi innanzitutto inviarono alcuni funzionari in Cina per creare un’organizzazione comunista locale. Grigori Voitinsky e il suo successore Mikhail Borodin, possono essere considerati i principali attori in questo processo, che portò a realizzare un’alleanza tra il Partito Nazionalista Cinese (il Kuomintang) e l’Unione Sovietica; in questo modo, il nascente Partito Comunista Cinese ebbe modo di poter crescere velocemente infiltrandosi nel Kuomintang per rovesciarlo dall’interno.
Durante la Seconda guerra mondiale il Kuomintang combatté per circa 8 anni una guerra senza quartiere contro l’esercito di occupazione giapponese. Il PCC approfittò del conflitto per rafforzarsi indisturbato; quando i giapponesi invasero la Cina, infatti, l’Armata Rossa Cinese era allo stremo delle forze e sull’orlo della sconfitta ma, al momento della vittoria cinese, le forze comuniste vantavano ben un milione e 320 mila soldati regolari e una milizia composta da 2 milioni e 600 mila uomini.
Dopo la resa del Giappone, il PCC sfruttò i colloqui di pace con il Kuomintang per espandere ulteriormente le sue forze.
Al tempo stesso, l’azione diplomatica del PCC portava Stati Uniti ed Unione Sovietica a togliere l’appoggio ai nazionalisti del Kuomintang. Nel 1949 il PCC sconfisse definitivamente il Kuomintang: fu il culmine dell’espansione dei movimenti comunisti nella Storia; i comunisti controllavano quasi un terzo delle popolazioni del mondo, con Russia e Cina che erano già allora le nazioni più grandi, sia per dimensione che per popolazione.
Milioni e milioni di persone avevano dato le proprie vite sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale, senza immaginare che il risultato sarebbe stato quello di una vera e propria esplosione del totalitarismo comunista in tutto il mondo.
2. Il massacro della classe operaia
Le teorie di Marx e la retorica di tutti i regimi comunisti sono intrise di slogan che incitano a fare affidamento sui proletari, sui lavoratori e sui contadini, con la promessa di rappresentare i loro interessi. Nella realtà, invece, nei sistemi comunisti è stata proprio la classe operaia a subire i più gravi abusi.
a. La repressione degli operai e dei contadini sovietici
Nel 1918, dopo che Lenin aveva illegalmente soppresso l’Assemblea Costituente, gli operai furono i primi a resistere alla nascente dittatura comunista: nelle loro proteste per lo scioglimento dell’Assemblea, decine di migliaia di lavoratori di Pietrogrado (l’attuale San Pietroburgo) e Mosca manifestarono in corteo e si radunarono in assemblee. I militari Bolscevichi risposero al malcontento sparando senza alcuna pietà sui manifestanti inermi.
Il maggiore sindacato russo (l’Unione Generale dei Ferrovieri) annunciò uno sciopero di protesta contro il colpo di Stato bolscevico, ricevendo il supporto di numerosi altri sindacati. Anche in questo caso il PCUS rispose soffocando la protesta con i fucili dell’esercito e mettendo fuori legge tutti i sindacati dissidenti. Quanto ai pochi sindacati superstiti, furono man mano portati tutti sotto il controllo del PCUS.
Nell’estate del 1918 la Russia venne colpita da una grave carestia, dovuta alla guerra civile: in giugno, mentre in tutto il Paese si moriva di fame, Lenin inviò il giovane Josip Stalin a Tsaritsyn, con l’obiettivo di prendere il grano presente nel bacino del Volga, tradizionalmente considerato il granaio della Russia.
Prevedendo una “opposizione” a questa operazione di saccheggio, Lenin ordinò a Stalin di massacrare chiunque si opponesse; Stalin, che già dimostrava di che pasta fosse fatto, rispose con un telegramma: «Non preoccuparti: non ci tremeranno le mani». A “missione compiuta”, grandi quantità di derrate alimentari furono inviate a Mosca per sfamare le bocche degli alti quadri del Partito Comunista Sovietico.
Nella primavera del 1919, i lavoratori – ridotti letteralmente alla fame – indissero numerosi scioperi in tutta la Russia, chiedendo che venissero concesse loro le stesse razioni alimentari che spettavano ai soldati dell’Armata Rossa sovietica. Oltre a questo, chiedevano il riconoscimento dei più elementari diritti dell’essere umano (libertà di parola e libere elezioni democratiche) e l’abolizione degli iniqui privilegi politici in capo ai comunisti. Tutti questi movimenti furono “gestiti” dalla Čeka, la polizia politica/servizio segreto che nei successivi anni prese i nomi di GPU, NKVD ed infine KGB: gli scioperanti furono arrestati o ammazzati.
Questo spietato e crudele atteggiamento tirannico del PCUS, spinse ovviamente i contadini russi ad opporsi, una resistenza che si protrasse per diversi anni. Nell’agosto del 1918, ad esempio, i contadini della regione di Penza lanciarono una rivolta armata, scatenando immediatamente numerose altre insurrezioni in tutta l’area. Per tutta risposta il regime comunista inviò l’esercito a stroncarle: Lenin mandò ai bolscevichi di Penza un telegramma i cui ordini sono emblematici tanto delle caratteristiche criminali dei “padri” del Comunismo reale, quanto della loro assoluta e crudele mancanza di pietà umana.
Quello che segue è il testo del telegramma:
- Impiccare (e farlo in luoghi aperti dove tutti possano vedere l’esecuzione) non meno di 100 proprietari terrieri conosciuti, ricchi e sanguisughe [sic].
- Pubblicare i loro nomi.
- Confiscare tutto il loro grano.
- Scegliere gli ostaggi secondo il telegramma inviato ieri.
Fate tutto questo in modo che a centinaia di chilometri le persone possano vedere, tremare, sapere, urlare…[5]
Quanto accaduto a Penza non fu un fatto eccezionale. Prima della Rivoluzione di Ottobre, una delle province più ricche della Russia era quella di Tambov; per prendere il suo grano, il regime sovietico organizzò varie “squadre di confisca dei cereali” e le inviò nella regione. In risposta, oltre 50 mila contadini di Tambov formarono proprie milizie per opporsi alle squadre armate inviate dal PCUS.
A giugno del 1921, con l’obiettivo di sopprimere la Ribellione di Tambov, il regime sovietico “suggerì” al comandante Mikhail Tukhachevsky di attaccare i “ribelli” usando un gas velenoso. L’uso delle armi chimiche, insieme agli incendi che divamparono in tutta la regione, trasformarono il Tambov in un deserto senza vita.
I circa 100 mila contadini del Tambov che si stima avessero preso parte alla resistenza, furono tutti imprigionati o esiliati insieme ai loro parenti; circa 15 mila uomini morirono nei combattimenti contro le truppe sovietiche.
I vasti e diffusi massacri perpetrati dal regime comunista sovietico contro il popolo russo (cioè i contadini e gli operai) servirono al Partito Comunista Cinese come “modello storico” da imitare nell’ambito delle vessazioni e delle stragi contro gli operai e i contadini cinesi.
b. Seguire il modello sovietico
La Cina ha una cultura vasta e profonda, tramandata ininterrottamente per 5 mila anni. L’antica cultura tradizionale del popolo cinese credeva negli Dei, li riveriva e rispettava le leggi date dalle Divinità all’umanità per vivere in armonia con il cosmo e con la natura.
Lo Spettro del Comunismo, incapace di sconfiggere una tradizione così fortemente radicata – e consapevole che i metodi usati con successo in Occidente non avrebbero attecchito – per avere successo in Cina ha dovuto fare sistematico uso della violenza più che in ogni altra nazione del mondo.
I comunisti cinesi iniziarono quindi eliminando la classe dirigente, che costituiva le fondamenta della cultura tradizionale e distruggendo fisicamente i manufatti dell’antica civiltà cinese, che rappresentavano la connessione tra il popolo cinese e le proprie divinità.
Il regime comunista realizzò poi un’operazione di sostituzione dell’eredità culturale tradizionale cinese con la “cultura del Partito”, diffusa fra i sopravvissuti ai massacri del PCC per trasformare i giovani in subdoli “cuccioli di lupo”, vere e proprie pedine dello Spettro nel suo progetto di distruzione assoluta.
Immediatamente dopo aver preso il potere, il PCC iniziò inoltre ad inventare pericolosi nemici da eliminare; iniziò col massacrare le élite della nazione: nelle campagne venivano barbaramente uccisi i nobili colti e i proprietari terrieri; nelle città gli intellettuali e gli uomini d’affari. Venne creato un clima di terrore diffuso, un ambiente adatto a fare razzia delle ricchezze appartenenti alla classe dirigente della società.
Nel marzo del 1950, il PCC emanò la “Direttiva per la severa soppressione degli elementi contro-rivoluzionari” (conosciuta come la “Campagna di repressione dei controrivoluzionari”), che si focalizzava sull’eliminazione dei possidenti e dei contadini ricchi nelle campagne. Alla fine del 1952, il regime stesso annunciò di aver eliminato 2 milioni e 400 mila “controrivoluzionari”. In realtà, più di 5 milioni di persone (quasi l’1 per cento della popolazione di allora in Cina) furono uccise.
Per spingere i numerosi contadini che non avevano granché a uccidere i proprietari terrieri assieme ai contadini più facoltosi in nome del neonato regime comunista, il PCC introdusse inoltre la sua cosiddetta “riforma agraria” che prometteva ai contadini la proprietà delle terre che coltivavano. Tuttavia, dopo l’eliminazione fisica dei proprietari terrieri, il regime annunciò che le terre sarebbero state concesse ai contadini sotto forma di “cooperativa”. In altre parole, a nessun contadino fu trasferita la reale proprietà della terra.
Terminati i sistematici massacri a tappeto dei proprietari terrieri e dei contadini benestanti, il PCC indisse le campagne dei “Tre Anti” e dei “Cinque Anti” per sterminare anche i ricchi che vivevano in città. A Shanghai, secondo statistiche incomplete, in soli quattro mesi (da gennaio ad aprile 1951) 876 persone si suicidarono a causa della nuova campagna di persecuzione. Molti di loro erano familiari dei “capitalisti”.
Il PCC non si “fermò” allo sterminio dei proprietari terrieri e dei capitalisti, ma depredò letteralmente i contadini, i commercianti e gli artigiani dei loro beni e risparmi.
Sullo sfondo di tutti questi incessanti massacri, tuttavia, la gran parte della cosiddetta classe operaia, tanto “cara” all’ideologia marxista, rimase ugualmente povera.
3. La disumanità dei regimi comunisti
a. Le atrocità perpetrate dal comunismo sovietico
- I gulag, l’ispirazione per i campi di sterminio di Hitler
Il 5 settembre 1918, Lenin ordinò l’istituzione del primo campo di concentramento sovietico nelle isole Solovestsky per incarcerare, torturare e uccidere i prigionieri politici e i dissidenti che si opponevano alla Rivoluzione d’Ottobre.
Il PCUS proseguì con la creazione di un “arcipelago” di campi di concentramento in tutta l’Unione Sovietica, predecessori dei famigerati gulag del periodo di Stalin (il termine “gulag” è l’abbreviazione in russo dell’istituzione che aveva il nome di “Direzione principale dei campi di lavoro correttivi”).
Sotto il dominio di Josip Stalin, il PCUS intensificò il proprio regime di terrore estendendo in modo sempre crescente le persecuzioni contro nemici e dissidenti; il sistema dei gulag si sviluppò fino a raggiungere proporzioni mostruose.
Come è stato ben descritto da Aleksandr Solzhenitsyn nel suo libro Arcipelago Gulag, alla morte di Stalin, nel 1953, esistevano in Unione Sovietica ben 170 gulag, che gestivano 30 mila campi di concentramento in ogni angolo dell’Unione Sovietica.
Nella sua opera di documentazione e per la sua esperienza diretta nei campi di concentramento sovietici, Solzhenitsyn stila una lista di 31 diversi metodi di tortura che la polizia politica sovietica usava per spezzare la volontà ed esaurire la sopportazione dei prigionieri, costringendoli alla “confessione” di qualsiasi crimine[6].
Le persone rinchiuse nei gulag di solito soffrivano la fame ed il freddo, ed erano costrette a lavorare duramente dalle 12 alle 16 ore al giorno nel gelido inverno della Russia. Il numero di morti era enorme. Numerose vittime delle persecuzioni e delle epurazioni sovietiche erano arrestate e condannate insieme alla loro famiglia per venire poi separate: i mariti incarcerati e le mogli esiliate; non venivano risparmiati nemmeno gli anziani anche avevano più di 80 anni.
Le epurazioni colpivano ogni strato della società: dirigenti di alto livello del PCUS, funzionari, alti ufficiali delle forze armate, così come persone comuni di ogni estrazione quali ingegneri, tecnici, medici, studenti, professori, operai, contadini e persino persone che semplicemente osavano dimostrarsi religiose.
È diffusa la convinzione che i campi di concentramento siano una creazione del nazismo. In realtà, il gulag sovietico è stato il precursore e il modello per tutte le varie forme di repressione e reclusione violenta nel mondo, da parte di regimi comunisti e non. Viktor Suvorov, ex agente dei servizi sovietici e autore di libri sull’Unione Sovietica, ritiene che prima della Seconda guerra mondiale Hitler avesse inviato degli agenti della Gestapo in Russia. L’obiettivo era studiare l’esperienza accumulata dai sovietici con l’istituzione e gestione dei gulag.
Secondo prudenti stime, tra il 1930 e il 1940 (gli anni del “Terrore rosso” di Stalin) oltre 500 mila prigionieri sono morti nei gulag. Il sistema dei gulag fu smantellato nel 1960; nel 2013, un sito internet controllato dai mezzi di informazione di Stato russi quantificava in oltre 15 milioni le persone condannate ed incarcerate nei campi del lavoro dei gulag, e in oltre 1 milione e mezzo i morti.
- I massacri per fame
I regimi comunisti spesso si servono delle carestie per commettere uccisioni di massa, come accaduto fra il 1932 ed il 1933 in Ucraina. Il Paese subì un vero e proprio genocidio di massa per fame, causato volontariamente dal regime sovietico, e conosciuto col nome di “Holodomor”.
Dopo la guerra civile, infatti, il PCUS aveva imposto in Ucraina la collettivizzazione dell’agricoltura, provocando una diffusa resistenza da parte dei contadini. Per risolvere il problema il regime sovietico classificò la maggior parte dei migliori contadini ucraini come “kulaki”, esiliandoli poi nella Siberia occidentale e nelle repubbliche dell’Asia centrale. La deportazione dei kulaki rappresentò un colpo fatale per l’agricoltura ucraina e russa in generale, causando nel 1932 il crollo verticale della produzione agricola sovietica.
Abbattere la capacità produttiva dei popoli sottomessi dal regime comunista sovietico non sembrò non essere abbastanza : nell’inverno del 1932-33 il regime tagliò i rifornimenti alimentari in Ucraina ed installò recinzioni di sicurezza lungo i confini della “repubblica”. All’inizio, le famiglie ucraine riuscirono a sopravvivere grazie alle proprie riserve di verdure e patate, finché gli emissari del regime passarono a requisire anche quell’ultima risorsa di sostentamento.
Le conseguenze furono atroci: i contadini morirono a migliaia e, precipitati nella disperazione più assoluta, disseppellirono le carcasse degli animali domestici e del bestiame per nutrirsene. Arrivarono persino all’aberrazione del cannibalismo, mangiando i cadaveri di parenti e amici, precedentemente morti di fame. In questo scenario da girone infernale, le autorità del regime sovietico impedirono persino alle persone di uscire dai propri villaggi per cercare cibo nelle località limitrofe.
La carestia di Holodomor rese orfani oltre un milione di bambini ucraini, gran parte dei quali finirono a chiedere cibo in elemosina per le strade delle grandi città. In risposta a questa situazione, considerata imbarazzante da Stalin, il leader sovietico firmò personalmente diversi ordini esecutivi che autorizzano la polizia a sparare sui bambini di appena 12 anni.
Oltre venti milioni di persone in tutta l’Unione Sovietica soffrirono la fame nel corso dell’Holodomor. La stima del totale dei morti varia dai 2,5 milioni ai 4,8 milioni di morti [7]
- Il Grande Terrore contro la classe dirigente sovietica
Il fine ultimo dello Spettro del Comunismo è quello di distruggere l’Umanità intera, inclusi i propri seguaci: i comunisti stessi. Durante l’era di Stalin il PCUS si è infatti macchiato di diverse spietate epurazioni dirette verso i propri membri.
All’inizio del 1928 Stalin prese di mira i massimi dirigenti comunisti: nel 1934 ,dei 1.966 delegati del 17° Congresso del PCUS, 1.108 membri vennero arrestati con l’accusa di attività antirivoluzionarie e quattro quinti dei 139 membri della Commissione centrale eletti al 17° Congresso vennero fucilati; il Politburo sovietico nominò, fra il 1919 ed il 1953, 31 membri, di cui 20 furono uccisi a causa delle epurazioni volute di Stalin.
Ad eccezione di Stalin stesso, tutti i membri del Politburo rimasti dopo la morte di Lenin nel 1924 (ossia Lev Kamenev, Grigory Zinoviev, Alexei Rykov, Mikhail Tomsky e Lev Trotskij) vennero giustiziati ufficialmente o assassinati entro il 1940 .
Lavrentiy Beria, il Capo della polizia segreta di Stalin, d’altra parte, una volta disse: «Portatemi una persona e io vi trovo il crimine».
Nessun settore della società russa riuscì a scampare al Grande Terrore staliniano: benché le prime vittime fossero i cittadini comuni, le repressioni in ambito religioso, scientifico, educativo, accademico e artistico precedettero solo le epurazioni che devastarono poi le forze armate e i dirigenti politici. Nell’Unione Sovietica di Stalin, letteralmente chiunque poteva essere arrestato e ucciso in qualunque momento.
Quanto al numero delle vittime, ancora oggi non vi sono risposte ufficiali né documenti completi. Alla vigilia della dissoluzione dell’URSS, nel giugno del 1991, il capo del KGB Vladimir Kryuchkov dichiarò che fra il 1920 e 1953, erano state «soppresse circa 4 milioni e 200 mila persone», tra queste 2 milioni durante il Grande Terrore.
Alexander Yakovlev, un politico riformista dell’epoca di Eltsin, dichiarò in un’intervista nel 2000 che le vittime di Stalin sarebbero in realtà almeno 20 milioni[7].
b. Le atrocità del Partito Comunista Cinese
Dalla nascita del regime comunista in Cina nel 1949 fino al 1966, decine di milioni di cinesi sono morti nelle diverse campagne di repressione dirette contro i cosiddetti “controrivoluzionari”: quelle dei “Tre Anti”, dei “Cinque Anti”, degli “Anti-destra” e della Grande carestia causata dal “Grande Balzo in avanti” voluto da Mao Zedong.
Il periodo che ne seguì vide sanguinose lotte intestine al PCC. Una nuova generazione di cinesi, cresciuti come “cuccioli di lupo” e indottrinati dal PCC all’ateismo e ai dogmi del Comunismo, raggiunse la maggiore età; lo Spettro lanciò una campagna di distruzione e di uccisioni senza limiti, con l’obiettivo di annientare i 5 mila anni della cultura tradizionale cinese: la Grande rivoluzione culturale di Mao.
- La Grande carestia in Cina
Fra il 1959 e il 1962 la Cina subì la carestia più micidiale della Storia. Il regime comunista cinese, per nascondere al mondo l’enormità della propria crudeltà inettitudine a governare, liquidò quel periodo come «tre anni di disastri naturali».
Nel 1958, il Partito Comunista Cinese aveva dato inizio a un movimento di collettivizzazione dell’economia tramite le “Comuni del Popolo”, allo stesso tempo aveva avviato la famigerata campagna del cosiddetto “Grande Balzo in avanti”.
In sintesi, il regime aveva imposto delle quote di produzione ad ogni regione: chi avesse dichiarato alti tassi di produzione sarebbe stato premiato, mentre chi non avesse raggiunto l’obiettivo sarebbe stato colpito pesantemente (i funzionari responsabili venivano puniti anche con la morte).
Come è facile immaginare, di fronte al rischio della morte i funzionari locali di ogni livello produssero resoconti falsificati. I dati sulla produzione agricola contenevano cifre gonfiate e totalmente irreali.
A quel punto si innescò un circolo vizioso, secondo uno schema tipico delle politiche di ogni regime socialista: le folli manovre imposte dai vertici di un “governo” del tutto incapace, distruggevano la produzione agricola e provocavano il repentino esaurimento delle scorte alimentari ma, ciononostante, continuavano ad essere sostenute dai falsi rapporti sulla produzione.
Gli organi amministrativi del PCC, d’altra parte, sfruttavano questi falsi rapporti come giustificazione per la raccolta del grano presso i contadini, i quali a loro volta – affinché venissero raggiunte le quantità false dichiarate dai funzionari – venivano costretti con la forza a consegnare tutto quello che avevano: dai semi (il che rendeva impossibile la semina per l’anno successivo), ai mangimi per il bestiame e persino le riserve personali. Fedeli al precedente esempio sovietico, i comunisti cinesi vietarono inoltre ai contadini di spostarsi nelle città in cerca di cibo, causando le morte di intere famiglie quando non di interi villaggi.
I corpi delle vittime della fame, abbandonati nelle campagne divennero preda dell’orrore del cannibalismo, una pratica diffusa. I contadini eventualmente sorpresi a “rubare” del cibo per sopravvivere, venivano uccisi all’istante.
Le derrate alimentari rubate dal regime ai contadini cinesi, furono scambiate con armi di fabbricazione sovietica, oppure per dell’oro, usato per restituire i debiti contratti dal PCC negli anni precedenti. In soli tre anni, la Grande Carestia provocò la morte di decine di milioni di persone in tutta la Cina.
- La Grande rivoluzione culturale: massacro fanatico e genocidio culturale
Il 16 maggio 1966, il regime cinese pubblicò un ”Avviso della Commissione Centrale del Partito Comunista cinese”: fu l’inizio della Grande rivoluzione culturale.
Nell’agosto dello stesso anno – con i figli degli alti quadri del PCC in testa – gli studenti delle scuole secondarie di Pechino formarono le “Guardie Rosse”. La banda mise a ferro e fuoco Pechino, rendendo la capitale cinese ostaggio di un vero e proprio furore criminale fatto di saccheggi, aggressioni e omicidi perpetrati dai giovani esaltati che facevano parte delle Guardie Rosse. Nel corso del famigerato Agosto Rosso, a Pechino furono assassinate migliaia di persone.
Un esempio: nel quartiere Daxing di Pechino, che comprendeva 13 Comuni del Popolo e 48 Brigate di produzione, in soli sei giorni (dal 27 agosto al primo settembre 1966) furono uccise 325 persone: le “gloriose” Guardie Rosse di Mao Zedong arrivarono a uccidere perfino un anziano di 80 anni ed un neonato di 38 giorni; 22 famiglie furono del tutto annientate. Le tecniche di assassinio erano le più diverse: colpi di randello, accoltellamento e strangolamento; i neonati e i bambini piccoli non erano risparmiati.
La ragione di questa assoluta efferatezza è tragicamente semplice: lo Spettro del Comunismo manipolava i sicari del Partito Comunista Cinese, spingendoli a picchiare e uccidere. Con ognuno dei crimini contro l’Umanità commessi dal PCC, lo Spettro rimuoveva progressivamente dalla società cinese ogni presenza della sua millenaria cultura tradizionale e delle virtù morali a quest’ultima connaturata: indottrinate dal lavaggio del cervello comunista, migliaia di persone normali vennero trasformate in spietate macchine di morte.
Quando i cittadini delle altre nazioni del mondo guardano alle atrocità commesse dai regimi totalitari comunisti, naturalmente non si capacitano di come sia possibile che degli esseri umani possano arrivare a simili livelli di mostruosa ed inumana barbarie.
La spiegazione, tanto semplice quanto difficile da accettare per la cultura moderna, è nel satanismo di Karl Marx (il quale, va ricordato, tutt’altro che “ateo”, era un cosciente e volontario satanista): quando le menti degli esseri umani sono possedute da legioni di demoni manovrati dallo Spettro del comunismo (la natura dei quali è totalmente malvagia), questo può avvenire solo perché ogni traccia di compassione, di benevolenza e di coscienza di sé è stata rimossa da quelle stessi menti per effetto di una forza esterna.
Stimare il numero esatto di morti causati dalla Grande rivoluzione culturale è un compito deprimente. Diversi studi stimano un minimo di 2 milioni di vittime. R.J.Rummel, docente universitario americano che ha condotto importanti ricerche sui genocidi di massa, nel suo libro China’s Bloody Century [Il secolo di sangue della Cina] scrive che la Grande rivoluzione culturale è responsabile della morte di circa 7 milioni e 730 mila di cinesi.
Dong Baoxun, professore associato all’università di Shandong, assieme a Ding Longjia, vicedirettore del dipartimento di ricerca sulla storia del Partito, hanno pubblicato un libro intitolato Exonerate the Innocent – Rehabilitate the Wrongly Accused and Sentenced [Scagionare gli innocenti, riabilitare coloro ingiustamente accusati e condannati]. Nel libro citano le parole di Ye Jianying, a quel tempo vice presidente della Commissione Centrale del PCC. Durante i lavori preparatori dell’XI Congresso del PCC del 13 dicembre il 1978, Jianying affermò: «Due anni e sette mesi di ricerche approfondite da parte della Commissione Centrale hanno determinato che la Rivoluzione Culturale ha causato 20 milioni morti ed oltre 100 milioni di perseguitati, 800 miliardi di yuan sono andati sprecati».
Secondo il saggio Selected Works of Deng Xiaoping [Opere scelte di Deng Xiaoping] dal 21 al 23 agosto del 1980 la giornalista del Corriere della Sera Oriana Fallaci intervistò per due volte l’allora leader del PCC Deng Xiaoping.
Alla domanda della Fallaci: «Quante persone sono morte a causa della Rivoluzione culturale», Deng rispose: «Quante persone sono realmente morte a causa della Rivoluzione Culturale? La cifra è astronomica ed è impossibile da stimare».
Deng Xiaoping spiegò la sua affermazione portando come esempio un episodio emblematico: Kang Sheng, capo della polizia segreta, aveva accusato il segretario del partito della Provincia dello Yunnan, tale Zhao Jianmin, di alto tradimento e di essere un agente del Kuomintang. Le conseguenze di questa mera accusa non ricaddero solo su Zhao (che venne arrestato) ma anche su 1 milione e 380 mila persone residenti nella Provincia dello Yunan: 17 mila furono massacrate a morte e 60 mila vennero ridotte alla disabilità a causa delle percosse subite.
- Una malvagità senza precedenti nella Storia: la persecuzione del Falun Gong
Decenni di violenza omicida e di indottrinamento all’ateismo del Partito Comunista Cinese, hanno oltremodo allontanato la moralità dei cinesi dai livelli stabiliti per gli esseri umani dalle divinità. Persino chi crede nelle divinità non sa più cosa sia la vera fede, ingannati dalle false organizzazioni religiose, controllate dal PCC. Se la situazione dovesse continuasse a degenerare in questo modo, non solo la Cina ma l’Umanità intera subirebbe senza dubbio l’estinzione, come profetizzato dagli antichi testi di tutte le diverse civiltà della Storia.
In Cina, durante la primavera del 1992, per restaurare la moralità umana ed indicare un sentiero di salvezza, il maestro Li Hongzhi iniziò ad insegnare il Falun Gong, conosciuto anche come Falun Dafa, una pratica spirituale basata sui tre principi universali di Verità, Compassione e Tolleranza.
Semplice da imparare e gratuito, il Falun Gong si diffuse in tutta la Cina in pochi anni, anche grazie al fatto che i praticanti e le loro famiglie vivevano esperienze spesso di tipo miracoloso, sia in termini di miglioramento della salute che di crescita interiore.
In Cina decine di milioni di persone iniziarono a praticare il Falun Gong; attenendosi a rigorosi ed elevati standard di comportamento, la società riscoprì l’importanza di mantenere una condotta in linea con i valori morali . Lo Spettro del Comunismo – il cui motivo di esistenza è quello di impedire all’Umanità di essere salvata dal Creatore attraverso la distruzione delle tradizioni culturali e dei valori morali – identificò ovviamente nella Falun Dafa il suo massimo avversario.
Nel luglio del 1999, l’allora leader del PCC Jiang Zemin ordinò in maniera unilaterale l’inizio di una sistematica persecuzione contro il Falun Gong: in ogni angolo della Cina, i funzionari del PCC usarono ogni metodo possibile per eseguire le direttive di Jiang nel reprimere i praticanti del Falun Gong: «Rovinare la loro reputazione, distruggerli finanziariamente, eliminarli fisicamente».
Le menzogne veicolate dalla martellante propaganda diffamatoria del PCC spinsero l’intero popolo cinese a odiare il Falun Gong e a rifiutare i valori di Verità, Compassione e Tolleranza, in favore di disvalori quali falsità, crudeltà e lotta.
Lo Spettro in questo modo era giunto quasi al punto di annientare ogni senso di moralità nella società cinese: in un ambiente pieno di odio e di acquiescenza nei confronti della repressione, il popolo cinese era diventato cieco davanti alla persecuzione che il PCC perpetra alla luce del giorno.Rinnegando al tempo stesso ogni senso del divino e, in diversi casi, sacrificando la propria coscienza partecipando direttamente alla persecuzione contro il Falun Gong.
Lo Spettro non si è tuttavia limitato a portare avanti questa persecuzione in Cina, ma anche comprato il silenzio del mondo libero. Stringendo accordi economici all’apparenza vantaggiosi, vari Paesi hanno accettato le bugie del PCC, permettendo a quest’ultimo di incarcerare, torturare ed uccidere indisturbato milioni di praticanti del Falun Gong.
Durante la persecuzione del Falun Gong, il PCC ha raggiunto un livello di malvagità senza precedenti: il prelievo forzato di organi da persone ancora in vita. I praticanti del Falun Gong rappresentano il più grande gruppo di prigionieri di coscienza in Cina e vengono uccisi su richiesta. Ancora in vita vengono di fatto vivisezionati sui tavoli operatori degli ospedali statali e militari; i loro organi venduti per decine se non centinaia di migliaia di dollari.
Il 7 luglio 2006, David Matas, avvocato canadese dei diritti umani, assiema a David Kilgour, ex segretario di Stato canadese per l’area Asia-Pacifico, pubblicarono una inchiesta in merito alle accuse di prelievo forzato di organi. In Bloody Harvest: l’uccisione dei praticanti del Falun Gong per i loro organi. Prendendo in considerazione 18 elementi a supporto della tesi che il prelievo forzato di organi sta accadendo in Cina, gli autori hanno descritto le mostruose azioni del PCC come «una rivoltante forma di malvagità che, nonostante tutte le depravazione di cui l’umanità ha potuto essere testimone, è qualcosa di nuovo per questo pianeta»[8].
Nel luglio del 2016 Matas e Kilgour, dopo aver proseguito la propria indagine con altri investigatori internazionali (tra cui il giornalista indipendente Ethan Gutman), hanno pubblicato un aggiornamento della precedente inchiesta contenente 680 pagine con oltre 2.400 fonti che dimostrano ogni ragionevole dubbio l’entità del racket del prelievo forzato di organi da persone in vita di cui è responsabile il Partito Comunista Cinese.
La documentazione di questo crimine contro l’Umanità – con ogni probabilità il più grave mai perpetrato nella Storia e che la quasi totalità dei mezzi di informazione di tutto il pianeta ha il terrore di denunciare con la dovuta “visibilità”, è d’altra parte ampia[9].
Il 13 giugno 2016, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato all’unanimità la Risoluzione 343 con la quale si chiede al PCC di fermare immediatamente il prelievo forzato di organi contro il Falun Gong e altri prigionieri di coscienza.
L’atroce quanto lucroso giro d’affare che sta dietro il mercato dei trapianti ha contribuito in modo decisivo alla persecuzione contro i praticanti del Falun Gong in Cina, attrae da vent’anni facoltosi “clienti“ dalla Cina e da ogni parte del mondo, rendendoli complici involontari delle uccisioni di massa del PCC
L’accanimento contro ogni tipo di autentico credo spirituale, che caratterizza fin dalla nascita il PCC, è argomento specifico del sesto capitolo.
4. Esportare il Terrore Rosso
Oltre alle dittature in Russa e in Cina, anche i regimi comunisti “minori” si sono mostrati altrettanto disposti a mettersi al servizio del Male assoluto. Il genocidio cambogiano, ad esempio, è la strage di massa più estrema mai perpetrata da un governo comunista: secondo varie stime, il numero di cambogiani uccisi dai Khmer Rossi di Pol Pot tra il 1975 e il 1979 si aggira tra 1 milione e 400 mila e 2 milioni e 200 mila (pari a ben un terzo di quella che era allora popolazione cambogiana).
Fra il 1948 e il 1987 i comunisti nordcoreani hanno ucciso oltre un milione dei propri cittadini tra campi di lavoro forzato/di concentramento ed esecuzioni; negli anni ‘90, la carestia causata dal regime ha poi falcidiato tra le 240 e le 420 mila persone;. Tra il 1993 e il 2008 sono morti per cause non naturali dai 600 agli 800 mila nordcoreani.
Quanto al “governo” della Corea del Nord, dopo che Kim Jong-Un è succeduto al potere in seguito alla morte del padre, ha proseguito apertamente nella pratica dell’omicidio politico, senza risparmiare né parenti né funzionari di alto livello del Partito, minacciando allo stesso tempo il mondo intero di sferrare un attacco nucleare.
Il libro nero del comunismo fornisce una stima approssimativa delle vittime nei diversi regimi comunisti del mondo, per un totale di 94 milioni di morti[10]:
- 20 milioni in Unione Sovietica;
- 65 milioni in Cina;
- 1 milione in Vietnam;
- 2 milioni in Corea del Nord;
- 2 milioni in Cambogia;
- 1 milione nell’Europa Orientale;
- 150 mila in America Latina (principalmente a Cuba);
- 1 milione e 700 mila in Etiopia;
- 1 milione e 500 mila in Afghanistan.
In un appena un secolo, a partire dalla nascita del primo regime comunista in Russia, lo Spettro ha causato la morte di più persone nelle nazioni in suo controllo di quanto abbiano fatto le due guerre mondiali messe assieme. La storia del Comunismo è una storia fatta delle peggiori atrocità mai commesse su questo pianeta: lavaggi del cervello, distruzione sociale, miseria, carestie, persecuzioni, crimini contro l’Umanità, torture, assassini, massacri di massa e genocidi. Quella del Comunismo è una storia scritta con il sangue delle sue vittime.
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Note bibliografiche
[1] “Remembering the Victims of Communism.” Remarks by Rep. Christopher Smith before the House of Representatives on Nov. 13, 2017. https://www.congress.gov/congressional-record/2017/11/13/extensions-of-remarks-section/article/E1557-2.
[2] Stéphane Courtois, ed., The Black Book of Communism: Crimes, Terror, Repression. Translated by Jonathan Murphy. Cambridge: Harvard University Press, 1999.
[3] Der Spiegel, “Revolutionär Seiner Majestät” (“Revolutionary of His Majesty”). Dec. 10, 2007. http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-54230885.html.
[4] Winston S. Churchill, The World Crisis, Vol. 5. 1931.
[5] Robert Service, translation of “the hanging order,” Lenin, a Biography (London: Macmillan, 2000), 365.
[6] Aleksandr Solzhenitsyn, The Gulag Archipelago: 1918–1956. 1973.
[7] Interview with Alexander Yakovlev (1992–2005), translated by Chinese Academy of Social Sciences.
[8] David Matas, David Kilgour, Bloody Harvest: The killing of Falun Gong for their organs (versione italiana http://organharvestinvestigation.net/report0701/report20070131-it.pdf)
[9] International coalition to end transplant abuse in China (https://endtransplantabuse.org)
[10] Stéphane Courtois, ed., The Black Book of Communism: Crimes, Terror, Repression, trans. Jonathan Murphy (Cambridge: Harvard University Press, 1999), 4.